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Danno cutaneo causato dalla perossidazione lipidica
Attività protettiva dell’olio extravergine di oliva
Publio Viola

Specialista in Gastroenterologia, Medicina tropicale e Scienza dell’alimentazione
Primario Medico Emerito - Ospedale San Giovanni, Roma
Libero docente in Medicina Sociale - Università di Roma “Sapienza”
Presidente Sezione Medico Nutrizionale dell’Accademia dell’Olivo e dell’Olio


La cute costituisce lo specchio della nostra età, del nostro stato di salute e quindi della nostra prestanza fisica. E’ uno degli organi più vasti dell’organismo, posto quale interfaccia tra il corpo e l’ambiente, ma che, proprio per questo motivo, presenta un vasto campo di attacco per gli insulti metabolici ed ambientali. La cute è infatti un tessuto a notevole rischio d stress ossidativo, che può essere determinato o aggravato sia da perturbazioni interne che da perturbazioni esterne, con effetti che per certi aspetti si intersecano.

     In particolare presenta un elevato rischio perossidativo per 3 motivi:

  •  è sottoposta all’esposizione solare, cioè alle radiazioni  UV
  •  è a diretto contatto con l’ossigeno molecolare, sia ambientale che endogeno
  •  possiede una componente lipidica suscettibile alla perossidazione

      
Le perturbazioni esterne sono causate prevalentemente dalle radiazioni ultraviolette (UV) le quali provocano sulla cute un trasferimento di energia in modo tale che una molecola fotosensibilizzata assorbe i fotoni i quali la conducono ad uno stato eccitato. Conseguentemente si verifica una formazione di radicali liberi che hanno la capacità di penetrare nei tessuti epiteliali scombinandone l’architettura e le funzioni, favorendo in questo modo l’invecchiamento cellulare ed il rischio dei tumori.
 Gli UVB (230-280 nm) sono responsabili di un disturbo cutaneo immediato caratterizzato da eritema, ma svolgono anche un danno diretto sul DNA provocando dei fotoprodotti come l’8-OH deossiguanina che induce legami trasversali tra i nucleotidi durante la replicazione  del DNA.
Gli UVA (320-400 nm) determinano invece un danneggiamento tardivo del tessuto cutaneo con possibilità di trasformazione tumorale in quanto gli UVA inducono la formazione dei radicali liberi e dell’ossigeno singoletto che hanno come bersaglio il DNA, le amine aromatiche e gli acidi grassi polinsaturi. Conseguentemente si verifica la rottura dei lisosomi con liberazione di enzimi e formazione delle caratteristiche “cellule scottate”.
In pratica entrambi i raggi ultravioletti appaiono dannosi per la cute in quanto causano, come effetto acuto, eritema e foto-dermatosi, e, come effetto cronico, foto-invecchiamento e foto-carcinogenesi. Numerose ricerche hanno infatti evidenziato che l’effetto eritemigeno degli UVB è solo uno dei tanti effetti negativi, ma meno pericolosi, esercitati dalle radiazioni solari. Gli UVA al contrario, anche se non eritemigeni, sono capaci di indurre dei danni a carico del sistema immunitario e favorire l’invecchiamento e la carcinogenesi. 
Quanto alle perturbazioni interne, sono causate prevalentemente da errori alimentari, dal fumo del tabacco e dalle variazioni ormonali.
Come si è detto, esiste una marcata correlazione tra le perturbazioni esterne e le perturbazioni interne.

COMPONENTE LIPIDICA DELLA DIETA

Una corretta alimentazione riveste grande importanza per il mantenimento di una pelle elastica e giovanile,  in particolare per quanto riguarda la composizione lipidica e la presenza degli agenti antiossidanti.
I lipidi presenti nella cute vengono prevalentemente sintetizzati in loco a partire dal glucosio e sono chimicamente diversi da quelli degli altri tessuti. Sono presenti però gli acidi grassi polinsaturi essenziali che, assunti con l’alimentazione,  vi giungono direttamente dal sangue e svolgono in situ attività di notevole importanza.
Gli acidi grassi essenziali (linoleico ed α-linolenico) sono indispensabili per l’organismo e molto è stato scritto sulla necessità di assicurare un loro sufficiente apporto alimentare per il mantenimento dell’omeostasi cutanea in quanto nella cute svolgono una importante funzione di barriera, favoriscono la sua idratazione e prevengono possibili alterazioni atopiche, psoriasiche, acneiche ed eczematose, e non vi è dubbio che in caso di grave e prolungata carenza (al di sotto dell’1% delle calorie totali) si verificano marcate alterazioni, come macchie emorragiche, eritemi ed incremento della perspiratio insensibilis, pelle anelastica, secca e disidratata. Si verifica anche un aumento della sintesi del DNA con proliferazione dell’epidermide e conseguente desquamazione.
Tuttavia, pur riconoscendo l’importanza di una loro adeguata assunzione per il mantenimento di una cute integra e dell’utilità del loro uso topico nel trattamento delle citate manifestazioni patologiche, non va dimenticato che nel soggetto normale un eccesso alimentare prolungato di polinsaturi può incrementare il loro contenuto cutaneo in maniera superiore al fabbisogno e costituire quindi il bersaglio dei radicali iberi dell’ossigeno favorendo di conseguenza l’invecchiamento, i danni da foto-esposizione e la comparsa dei tumori. Come vedremo più avanti, esiste anche una competizione biologica tra la serie linoleica (ω-6) e la serie linolenica (ω-3) che, se squilibrata può determinare dei danni all’organismo, per cui, anche per la cute deve essere rispettato il rapporto ω-6/ω-3 pari a 10:1, o, meglio ancora, 5:1.

ACIDI GRASSI POLINSATURI A LUNGA CATENA (Long Chain PUFA)

L’attività biologica degli acidi grassi polinsaturi essenziali non è legata direttamente ai composti a 18 atomi di carbonio (ac. linoleico, 18:2 ω-6, ed ac. α-linolenico, 18:3 ω-3) assunti abitualmente attraverso gli oli alimentari, ma prevalentemente ai loro derivati superiori a lunga catena a 20 e 22 atomi di carbonio che si formano nell’organismo dopo la loro assunzione. Tali acidi grassi a lunga catena sono il diomo-γ-linolenico, o GLA (20:3 ω-6), l’arachidonico, o AA (20:4 ω-6), l’eicosapentaenoico, o EPA (20:5 ω-3) ed il docosaesaenoico, o DHA (22:6 ω-3), che sono cioè i veri polinsaturi biologicamente attivi e che devono anche essi giungere direttamente preformati alla cute la quale non possiede gli enzimi elongasi e desaturasi.

Una  azione  protettiva sulla cute viene  esercitata dal GLA (20:3 ω-6), sia nel promuovere la funzione di barriera protettiva, che nel migliorare l’idratazione e ritardare l’invecchiamento (1,2). Il GLA svolge inoltre una specifica attività terapeutica nel trattamento della dermatite atopica che non viene svolta invece dal suo precursore, l’acido linoleico. Infatti le concentrazioni di linoleico nella cute dei soggetti affetti da questo disturbo appaiono addirittura aumentate facendo supporre una ridotta capacità del fegato di convertire l’acido linoleico in acido diomo-γ-linolenico.
L’attività terapeutica del GLA sarebbe da ricondursi ad una inibizione svolta da un suo derivato, la PGE1, (prostaglandina con un solo doppio legame) sui leucotrieni ad azione infiammatoria derivanti dall’AA (C20: ω-6), ma anche ad una attività di riduzione sulla formazione di immunoglobuline IgE, implicate nelle genesi delle allergie. La produzione del GLA  nel nostro organismo è però modesta perché l’organismo tende rapidamente a convertirlo nel suo derivato  superiore, cioè nell’AA (C20:4 ω-6). Per aumentare la sua presenza bisogna perciò introdurre alimenti che ne siano ricchi nella formula già preformata, come l’olio di borragine, l’olio di  enotera biennis e l’olio di ribes nero.
Accanto all’assunzione di GLA va poi anche raccomandata  l’assunzione degli ω-3 a lunga catena (EPA e DHA) presenti nel pesce, che giocano un ruolo importante nell’attività antinfiammatoria e nel mantenimento dell’idratazione della cute.

 

RADICALI LIBERI, ACIDI GRASSI E CUTE

L’ossigeno rappresenta un paradosso biologico in quanto, pur essendo indispensabile per la vita. costituisce un tossico potenziale in costante ricerca di elettroni atti a compensare i due orbitali impari che ruotano in periferia. Partendo come O2•• ha come scopo finale quello di diventare H2O, il che può essere raggiunto attraverso differenti passi (come la sottrazione di un atomo di idrogeno ad una macromolecola quale un enzima, una proteina, il DNA o un acido grasso polinsaturo) creando però un nuovo radicale libero, e ciascun passo successivo può generare intermediari che sono più ossidanti dell’ossigeno molecolare stesso.
La perossidazione lipidica riflette l’attacco dei RL sui polinsaturi che induce a sua volta la produzione di radicali PUFA, i quali, in presenza di ossigeno, conducono a formazione di perossi-radicali lipidici. Questi radicali, per estrazione di un idrogeno, diventano idroperossidi insaturi più un RL che può propagare una reazione a catena:

                    R•     +     PUFA      =     PUFA•     +      RH

                    PUFA•    +     O2     =      PUFA-O-O•

                    PUFA-O-O•      +      PUFA•      =    PUFA-O-O 

Attualmente l’interesse degli studiosi si sta sempre più concentrando sui rapporti tra i radicali liberi  dell’ossigeno (ROS) e l’evoluzione dell’invecchiamento (in generale e della cute in particolare), oltre che sui rapporti tra i ROS e la patogenesi di numerose malattie, tra cui principalmente le malattie cronico degenerative (aterosclerosi e neoplasie).       Nelle cellule epidermiche la formazione dei ROS presenta notevole importanza in quanto si può verificare non solo per l’azione delle radiazioni solari, ma anche per reazioni metaboliche ossido-riduttive che avvengono nell’interno della cellula, riguardanti in particolare la quota lipidica, con alterazione dei fosfolipidi presenti nelle membrane e nei mitocondri, che subiscono una destrutturazione fino a determinare una possibile morte della cellula stessa. La suscettibilità del tessuto cutaneo all’innesco perossidativo (e al danno conseguente) è pertanto strettamente collegata alla protezione solare, ad un corretto apporto in acidi grassi,e, naturalmente, alla presenza di un adeguato sistema antiossidante. 
Come si è detto, una notevole attenzione è stata posta sugli acidi grassi polinsaturi ω-6, che presentano una particolare labilità nel cedere all’ossigeno un atomo di idrogeno  del  metilene  posto tra i due doppi legami  divenendo a loro volta radicali liberi, innescando di conseguenza una reazione a catena.

Qualora non venga inattivato dagli agenti antiossidanti, l’arresto del processo perossidativo degli acidi grassi polinsaturi ω-6 può avvenire attraverso la formazione di polimeri, cioè di composti ciclici i quali possono determinare lesioni di tipo ulcerativo con accumulo di pigmenti formati da lipofuscina e ceroidi (macchie brune) e tendenza alla comparsa di neoplasie.
Al contrario degli ω-6, gli ω-3 sembrano invece essere resistenti all’innesco perossidativo, ed anzi, secondo alcuni studi, svolgerebbero addirittura un effetto protettivo antiossidante e immunoprotettivo sulla cute così come sugli altri organi (7, 8). Alla luce di quanto esposto, appare pertanto evidente l’opportunità di assumere una quantità di acidi grassi polinsaturi ottimale che presentino un corretto rapporto tra le due serie, poiché un loro squilibrio, potrebbe peggiorare gli effetti delle radiazioni solari in quanto, ripetiamo, gli ω-6 sono facilmente suscettibili all’innesco perossidativo scatenato dai raggi ultravioletti.
Attualmente viene pertanto raccomandato di favorire un maggiore assunzione di ω-3 e di limitare invece l’assunzione degli ω-6, onde ottenere il detto rapporto ω-6/ω-3 pari a 10:1 (o, come da alcuni auspicato, pari  a 5:1), aspetto facile a dirsi, ma che non sembra altrettanto facile a realizzarsi. Tale rapporto viene infatti calcolato in Italia intorno a 13:1 ed in molti paesi occidentali intorno a 20-:1 (per arrivare in certi casi a 30:1).
Onde realizzare il corretto rapporto tra le due serie, oltre ad aumentare l’introduzione degli ω-3, appare anche importante ridurre l’apporto degli ω-6 (oli di semi) a favore dei monoinsaturi (olio di oliva). Quanto  agli ω-3 più che l’acido α-linolenico, vanno consigliati, più  i lunga catena già preformati (EPA e DHA, a 20 e 22 atomi di carbonio)  attraverso l’ingestione di pesce di mare (9),  ma non di acqua dolce o di allevamento in quanto detti polinsaturi a lunga catena vengono sintetizzati dalle alghe marine che costituiscono la fonte alimentare del pesce.
Anche gli acidi grassi saturi vanno comunque limitati per il rischio aterogeno, mentre largo spazio va dato agli acidi grassi monoinsaturi perché, oltre ad essere resistenti alla perossidazione, appaiono utili per l’organismo in generale ed avrebbero un effetto emolliente sulla cute. (10)
In conclusione, come fonte energetica va incoraggiato il consumo dell’olio di oliva che presenta un contenuto equilibrato in acidi grassi, ma che, come vedremo, è anche ricco i agenti antiossidanti:

 COMPOSIZIONE ACIDICA DEL’OLIO DI OLIVA

ac. grassi saturi  (palmitico, stearico)                  8 - 14   %

ac. grassi monoinsaturi (oleico)                         68 - 82  %

ac. grassi polinsaturi ω-6 (linoleico)                    6 - 13   %

ac. grassi polinsaturi ω-3 (α-linolenico)            0,2 - 1,5 %                                                                                                

                         
ANTIOSSIDANTI     

L’esposizione alle radiazioni solari, oltre favorire la perossidazione dei polinsaturi, determina sulla cute una grave perdita dei fattori antiossidanti, soprattutto dei carotenoidi diminuendo il quantitativo di questi ultimi non solo a livello cutaneo, ma anche a livello plasmatico.  E’ stato anche osservato, che dopo una esposizione ai raggi UV per 30 minuti il tenore in α-tocoferolo della cute si riduce del 50-60%. L’applicazione per via topica di α-tocoferolo riduce nettamente il danno e tale effetto positivo si verifica, sebbene in tono minore, anche se l’α-tocoferolo viene usato per via orale (11).  Una adeguata assunzione alimentare di antiossidanti attraverso una corretta alimentazione appare pertanto decisamente indicata come fattore protettivo della pelle, e andrebbe iniziata almeno un mese prima di esporsi al sole.
Gli agenti antiossidanti assunti con l’alimentazione sono rappresentati dall’α-tocoferolo, dai carotenoidi idrocarboniosi (α-carotene, β-carotene, licopene, luteina), dai carotenoidi contenenti ossigeno o xantofille (luteina e la zeaxantina), dai composti fenolici (fenil-acidi, fenil-alcoli, secoiridoidi, antociani, flavonoidi, lignani), dallo zinco e dal selenio. Tali antiossidanti sono contenuti prevalentemente negli alimenti vegetali (ortaggi,  verdura, frutta), ma anche nei loro derivati, come l’olio di oliva, il vino, il cacao, il tè ed il caffè.

Per molto tempo le attività protettive dell’olio di oliva venivano attribuite alla sua composizione acidica, ricca in monoinsaturi, con un contenuto ottimale in polinsaturi  ω-6 ed ω-3. Le attuali conoscenze, pur senza escludere l’importanza biologica della composizione acidica equilibrata, hanno però dimostrato che il valore salutistico dell’olio di oliva, nella sua qualità di extravergine, è legato prevalentemente alla presenza dei componenti minori, la maggior parte dei quali dotati di potere antiossidante, come l’α-tocoferolo, alcuni carotenoidi, i fitosteroli, le feofitine, gli idrocarburi triterpenici ed i composti fenolici.

COMPONENTI MINORI PRESENTI NELL’OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA   

Tocoferoli  (vitamina E)

Carotenoidi (β-carotene, luteina)

Fitosteroli (β-sitosterolo)

Polifenoli (idrossitirosolo, oleoeuropeina, lignani)

Idrocarburi triterpenici (squalene)

Clorofilla

Composti aromatici                                                                                                                                                                                                      

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         
Il maggiore interesse degli studiosi viene oggi rivolto ai composti fenolici, chiamati abitualmente polifenoli, i quali, oltre al loro potere antiossidante, presentano numerose altre attività protettive nei confronti dell’organismo.
Caratterizzati dal possedere un nucleo flavanico, sono numerosissimi e molto diffusi nel regno vegetale.  L’olio di oliva ne contiene diverse classi, quali i fenil-acidi, i fenil-alcoli, i flavonoidi, i secoiridoidi ed i lignani. In particolare, tra i flavonoidi troviamo la luteolina, la rutina, gli antociani  (cianidina e delfinidina-glucoside), tra i fenil-alcoli troviamo il tirosolo e l’idrossitirosolo, tra i fenil-acidi l’ac. caffeico, l’ac. clorogenico, l’ac. vanilico e l’ac. ferulico, e, tra i secoiridoidi  l’oleoeuropeina, la demetiloleoeuropeina ed il ligustroside.
I polifenoli possono essere liposolubili ed idrosolubili e quindi agire sia nei comparti lipofili (membrane biologiche e lipoproteine) che nei comparti idrofili (sangue e tessuti). L’olio di oliva è l’unico grasso alimentare che contenga, accanto ai polifenoli lipofili, importanti sostanze polifenoliche idrofile le quali si originano durante il processo di estrazione meccanica dell’olio dai polifenoli glucosidici presenti nell’oliva (12).
Una attività protettiva antiossidante diretta sulla cute è stata dimostrata per l’oleoeuropeina, un polifenolo che agirebbe localmente come scavenger dei radicali liberi (13), ma anche per altri componenti fenolici (presenti in quantità minore) come l’acido caffeico, l’acido vanillico e l’acido ferulico che, oltre a svolgere un’azione di risparmio sull’α-tocoferolo, prevengono la perossidazione UV mediata inibendo la propagazione della perossidazione lipidica (14).
Sono presenti poi nell’olio  extravergine, anche se in quantità non elevata, alcuni  carotenoidi  come  il  β-carotene e la luteina (responsabili del colore giallo) che svolgono azione protettiva nei confronti della cute. Oltre alle note attività a livello cutaneo del β-carotene, recenti  pubblicazioni hanno evidenziato un ruolo della luteina (accanto all’attività contro le alterazioni della vista) nel mantenimento dello stato di salute della pelle dimostrando come, associata ad altri carotenoidi ed antiossidanti, protegga questo tessuto favorendone l’idratazione, lo spessore e la densità (15). Non va infine dimenticato che l’olio di oliva favorisce a livello intestinale l’assorbimento dei carotenoidi, ed in particolare del licopene (attivissimo contro il foto-invecchiamento ed il rischio neoplastico della cute e dei tessuti i generale) ma anche della luteina (16), con la quale inoltre il licopene sembra potenziarsi sinergicamente. (17, 18).                                                 
Accanto ai polifenoli, molto importante è anche la presenza nell’insaponificabile dell’olio extravergine di quantità piuttosto rilevanti di un idrocarburo triterpenico, lo squalene, il quale, oltre a svolgere attività protettiva antiossidante ed antitumorale, agisce sulla cute come filtro dei raggi UV. Lo squalene è infatti presente per natura nel sebo cutaneo, dove rappresenta circa il 12 % della composizione ed agisce come potente scavenger dell’ossigeno singoletto inibendo la lipoperossidazione indotta dagli UVA (19) ed è stato dimostrato che l’assunzione orale potenzia la sua presenza  nella cute contribuendo alla fotoprotezione (11)
Infine, anche se non agisce come antiossidante, va ricordata l’azione protettiva del β-sitosterolo, un fitosterolo di cui è ricco l’olio di oliva, che sembra agire similmente all’acido azelaico inibendo  a livello della ghiandola sebacea la trasformazione del testosterone in di-idrotestosterone  realizzando in questa maniera un effetto seboregolatore (10) .
 
COMPOSIZIONE  DEL  SEBO

Acidi grassi liberi            3,2 - 56,0              Cere                               12,3 - 25,0

Squalene                         3,5 - 17,9              Trigliceridi                      5,5 - 37,5

Altri idrocarburi               0,5  -  10,0             Mono e Di-gliceridi       3,1 -  13,5

Composti minori non identificati        5,0 – 12,0

 

CONCLUSIONI

La cute rappresenta lo specchio del processo di invecchiamento che coinvolge l’organismo, con assottigliamento dello spessore, diminuzione del collagene e dell’elasticità, ma in questa sede, accanto all’invecchiamento fisiologico, un ruolo importante viene giocato dal foto-invecchiamento causato dai raggi solari con formazione dei ROS che colpiscono prevalentemente i polinsaturi ω-6. Conseguenza della perossidazione lipidica è la formazione nella cute di lipofuscine, cioè di macchie considerate un indice dell’invecchiamento cutaneo, mentre nello stesso tempo aumenta il rischio della cancerizzazione. Non va neppure dimenticata, ripetiamo,  l’azione di inibizione svolta dai ROS sulla Δ-6-desaturasi che conduce ad una limitazione della formazione dei lunga catena (in particolare dell’acido diomo-γ-linolenico, importante a livello cutaneo, e dell’EPA e del DHA che svolgono effetto antinfiammatorio ed immunoprotettivo). Appare quindi evidente, e ci pare il caso di insistere, quanto sia fondamentale una alimentazione equilibrata in acidi grassi (limitando i grassi degli animali terrestri e gli oli di semi) e ricca in composti antiossidanti, una alimentazione che agisce favorevolmente nel combattere i fenomeni degenerativi legati al progredire del tempo, e che deve essere condotta per tutto l’arco della vita.
Da quanto esposto emerge il consiglio di consumare abitualmente l’olio di oliva extravergine, mentre una certa prudenza va effettuata nei confronti degli oli di semi, in quanto presentano un contenuto elevato in acido linoleico (ω-6), mentre sono poveri  in acido α-linolenico (ω-3) e generalmente non sono protetti  da una  quantità  sufficiente  di  antiossidanti.
A completamento di questo suggerimento si ritiene importante anche una regolare assunzione di pesce, di frutta, di ortaggi e di verdura.

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