Durata del sonno e rischio cardiovascolare
Ferrie JE e coll. dell’University College London Medical School, sulla base dell’ipotesi chesostiene la correlazione traperdita di ore di sonno notturne (cioè dormire una media di cinque o sei ore per notte) e aumento del rischio di disturbi cardiovascolari e dei livelli di pressione arteriosa notturni, hanno condotto uno studio prospettico di coortesu 10.308 civili di età compresa tra 35-55 anni, di cui 9.781 con i dati completi, dimostrando che il rischio di incorrere in eventi cardiovascolari, anche gravi, è il medesimo sia per gli insonni sia per i poltroni.
Per questo motivo i ricercatori hanno stilato una sorta di vademecum da seguire:
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prima di tutto si deve fare in modo di dormire almeno sette ore per notte ma mai più di otto,
- la stanza da letto deve essere un luogo rilassante,
- il sonno migliore è quello notturno,
- prima di andare a letto bisogna evitare di mangiare cibi o bere bevande che contengano sostanze eccitanti,
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bisogna evitare di mangiare molto o di bere troppi alcolici prima di coricarsi,
- è importante non andare mai a letto adirati,
- fare attività sportiva al massimo sei ore prima di andare a letto.
Insomma, l'esatto contrario che molti fanno regolarmente(Sleep 2007; 30 (12):1659-66.). Di fatto, una riduzione della durata del sonno da 6, 7, o 8 ore di base si associava con aumento della mortalità cardiovascolare (H.R 2,4 (IC 95% 1,4-4,1). Tuttavia, l’aumento della durata del sonno si associava con mortalità anche se non cardiovascolare (hazard ratio 2.1 (IC 95% 1,4-3,1). Peraltro, la brevità del sonno si dimostrava un fattore di rischio anche per l'aumento di peso, l’ipertensione, il diabete di tipo 2 e la sindrome metabolica, portando talvolta a mortalità. Alcune cause risiedevano spesso nella depressione, nel basso stato socioeconomico e nella fenomenologia complessa del cancro. Inoltre, i disturbi del sonno erano strettamente associati a quelli psichiatrici, come la depressione, l’alcolismo e il disturbo bipolare. Peraltro, sarebbe emerso che fino al 90% degli adulti con depressione dichiarava difficoltà nell’addormentarsi.
Charumathi Sabanayagam e collaboratori del West Virginia University School of Medicine, Morgantown, sulle premesse della dimostrazione degli studi precedenti sull’aumentato rischio di diabete e ipertensione in entrambi i tempi di sonno breve e lungo, volendo portare maggiore chiarezza sulla relazione con le malattie cardiovascolari (MCV), utilizzando i dati del National Health Interview Survey 2005, hanno analizzato le informazioni di 30.397 intervistati (Sleep. 2010;33:1037-1042). Un totale di 2.146 partecipantidi almeno 18 anni di età, per il 57,1% donne, ha dichiarato di aver subito una MCV, infarto miocardico, angina o ictus, rivelando anche le ore di sonno medie in un periodo di 24 ore. Il riferito ammontare di ore di sonno è stato suddiviso in 5 categorie: 1) 5 ore o meno, 2) 6 ore, 3) 7 ore, 4) 8 ore, 5) 9 ore o più. I ricercatori hanno, quindi, determinato l'associazione tra la durata del sonno e il rischio cardiovascolare, tenendo conto dei potenziali fattori confondenti, quali ipertensione, diabete, depressione e attività fisica. Rispetto al gruppo con una media di sette ore di sonno per notte, il rischio di MCV negli altri gruppi con più o meno ore aumentava dal 23% al 220%. Il rischio maggiore si associava con le 5 ore o meno di sonno per notte con un odds ratio multivariata (OR) per le patologie cardiovascolari di 2.20 (IC 95% 1,78-2,71). Per la durata di sonno di 6, 8 e 9 ore o più, l’OR multivariato era 1,33 (IC,95% 1,13-1,57), 1,23 (IC 95%, 1,06-1,41) e 1,57 (IC95%, 1.31 - 1,89), rispettivamente. L'associazione tra rischio cardiovascolare e durata del sonno rimaneva invariata nell’analisi per etnia, sesso e indice di massa corporea. Ciò anche quando l’infarto miocardico e l’ictus sono stati considerati separatamente dalle MCV nel loro complesso. Secondo i ricercatori, i meccanismi sottostanti l'associazione di breve durata del sonno con le MCV possono includere disturbi di funzioni endocrine e metaboliche correlate al sonno, mentre nel caso della maggior durata del sonno potrebbero correlarsi condizioni di disordini respiratori di fondo o di scarsa qualità del sonno stesso.