L’attivazione e l’inibizione piastrinica
L’era della terapia antiaggregante piastrinica ha rivoluzionato il trattamento delle malattie cardiovascolari, principale causa di morte e morbilità nei paesi industrializzati. Peraltro, ancora oggi la ricerca in questo campo prosegue alacremente. Le piastrine, uno degli elementi figurati del sangue, costituiscono le principali componenti del coagulo e partecipano con un ruolo centrale alla patogenesi di tutte le fasi dell’arteriosclerosi e, quindi, della formazione della placca aterogena. Difatti, da una parte promuovono, per interazione a livello molecolare dei fattori della coagulazione sulle loro superfici attivate dal complesso tessutale-FVIIa, l’emostasi con formazione di un aggregato di piastrine. Dall’altra danno impulso al trombo sulla superficie delle arterie, esprimendo i mediatori dell’infiammazione e la proliferazione delle cellule muscolari.
La rottura di una placca aterosclerotica porta in primo piano il collagene e il fattore di von Willebrand (FvW), entrambi ligandi che avviano l'adesione e l’attivazione piastrinica. Il FvW del subendotelio si lega al complesso piastrinico glicoproteina 1b-IX-V, stringendo insieme, quindi, le piastrine della circolazione e rafforzando il legame del collagene subendoteliale alle piastrine stesse, attraverso i recettori della glicoproteina VI e della glicoproteina IIa/Ib. Inoltre, attraverso una cascata di una serie di segnali intracellulari che amplificano la loro attivazione e aggregazione, gli agonisti piastrinici interagiscono con i rispettivi recettori accoppiati alle G-proteine. In particolare, il legame del FvW, del collagene e della trombina, principali agonisti piastrinici, ai loro corrispondenti recettori di superficie stimola nel plasma la liberazione extracellulare degli agonisti secondari, come l'ADP e il trombossano A2. L’ADP, quindi, si connette al recettore piastrinico Gq-proteina, legata al P2Y, provocando il cambiamento della forma cellulare, la mobilitazione del calcio e l’inizio dell’aggregazione reversibile. Per amplificare quest’ultima viene legato anche il recettore Gi, unito a P2Y12 attraverso la produzione mediata dall’AMP ciclico. In tal modo, la conseguente attivazione piastrinica stimola una variazione conformazionale dei recettori della glicoproteina IIb/IIIa, aumentando la loro affinità al fibrinogeno e al FvW. Questi ligandi, quindi, le legano ai recettori per formare ponti tra gli elementi adiacenti, aggregandoli, per via sostenuta dall’ADP, che richiede l'attivazione di entrambi i recettori P2Y1 e P2Y12. Quest’ultimo recettore rappresenta, invero, l’obiettivo terapeutico più seducente per la sua distribuzione meno diffusa e perché riveste un ruolo dominante nel processo.
Le piastrine attivate promuovono, quindi, anche la generazione della trombina, l’agonista piastrinico più potente. Essa agisce, prevalentemente, attraverso i recettori 1 e 4 (PAR1 e PAR4), attivati dalle proteasi ed espressi sulle piastrine. Scindendo una parte del loro N-terminale e smascherando la sequenza che serve come suo ligando, attivano il recettore stesso, facendo scattare la trasduzione del segnale che modula la trombosi, l’infiammazione e la coagulazione.
I recettori attivati dalle proteasi sono ampiamente rappresentati nel sistema vascolare e sono presenti sulle piastrine, sulle cellule endoteliali e muscolari lisce vascolari e sui leucociti. Il PAR1, quando attivato, è più potente del PAR4, rappresentando per questo il bersaglio preferito per lo sviluppo degli agenti antipiastrinici. Essi, per l’appunto, sono stati sviluppati per bloccare la sintesi del trombossano A2, i recettori per l'ADP, la trombina, il trombossano A2, il fibrinogeno e gli altri ligandi riguardanti i recettori delle glicoproteine IIb/IIIa.
Da notare che tutto ciò produce collateralmente e consequenzialmente un aumentato rischio di sanguinamento, soprattutto, quando si attui una strategia antipiastrinica su più di un percorso.
Sulla base dei meccanismi su esposti, la terapia antiaggregante ha, quindi, dimostrato di ridurre in modo sostanziale la mortalità e la morbilità dei pazienti con cardiopatia ischemica acuta e cronica, in tutto il mondo responsabili principali di morte e morbilità. Ha, in via collaterale, permesso di rilevare anche le proprietà nocive da parte dei farmaci antipiastrinici utilizzati per cui la ricerca ha cercato, e continuamente è alla ricerca, del farmaco ideale.