Sei qui: Notiziario AMEC Anno 2014 notiziario Marzo 2014 N.3 APPROCCIO EFFICACE PER IL CONTROLLO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA - Dati epidemiologici dell’ipertensione arteriosa nel mondo

Pubblicità - Annunci Google

notiziario Marzo 2014 N.3 APPROCCIO EFFICACE PER IL CONTROLLO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA - Dati epidemiologici dell’ipertensione arteriosa nel mondo

E-mail Stampa
Indice
notiziario Marzo 2014 N.3 APPROCCIO EFFICACE PER IL CONTROLLO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA
Urgenza dell’identikit di un killer silenzioso: l’ipertensione arteriosa
Tappe storiche fondamentali dell’ipertensione
Dati epidemiologici dell’ipertensione arteriosa nel mondo
Dati epidemiologici dell’ipertensione in Italia
Recenti raccomandazioni per lo studio e il trattamento dell’ipertensione
Tutte le pagine

Dati epidemiologici dell’ipertensione arteriosa nel mondo

Come affermato dal World Statistics 2013 della WHO, dei circa cinquantasette milioni di morti nel mondo nel 2008, ben trentasei, pari al 63%, erano dovuti alle malattie non trasmissibili e diciassette, quasi un terzo del totale, alle malattie cardiovascolari. Di questi, le complicanze dell'ipertensione avevano segnato ogni anno nel mondo ben 9,4 milioni di morti con il 45% di malattie cardiache e il 51% d’ictus. Nel 2008 a livello mondiale circa il 40% degli adulti dai venticinque anni d’età e oltre avevano ottenuto la diagnosi dell’ipertensione. Gli ipertesi erano, così, passati dai 600 milioni del 1980 al miliardo del 2008. La prevalenza della malattia era più alta nella regione africana con il 46% degli adulti di età compresa tra venticinque e oltre e più bassa nelle Americhe con il 35%. In generale, i paesi ad alto reddito presentavano una bassa prevalenza con il 35%, rispetto al 40% degli altri gruppi. Peraltro, non solo l'ipertensione era più prevalente nei paesi a basso e medio reddito, ma la condizione risentiva anche della maggior numerosità demografica delle aree e della fragilità dei sistemi sanitari.

La crescente prevalenza dell’ipertensione deve certamente essere attribuita all’esplosione demografica degli ultimi decenni, ma anche all'invecchiamento della popolazione e, soprattutto, al dilagare dei fattori comportamentali di rischio, come la dieta malsana, il consumo nocivo di alcol, la mancanza di attività fisica, l’eccesso di peso e l'esposizione allo stress persistente. In effetti, le conseguenze negative dell’ipertensione sulla salute sono aggravate da altri fattori di rischio concomitanti nel malato con aumento delle probabilità di un attacco di cuore, d’ictus e dell’insufficienza renale. Questi fattori di rischio sono soprattutto l'uso del tabacco, l'obesità, il colesterolo alto e il diabete mellito. Nel 2008 un miliardo di persone erano fumatori e dal 1980 la prevalenza globale dell'obesità era quasi raddoppiata. Negli adulti oltre i venticinque anni la prevalenza globale del colesterolo alto era del 39% e quella del diabete del 10%. L'uso di tabacco, l’alimentazione scorretta, l’uso dannoso dell’alcool e l’inattività fisica erano anche i principali fattori comportamentali di rischio di tutte le principali malattie non trasmissibili, vale a dire di quella cardiovascolare, del diabete, dell’insufficienza respiratoria cronica e del cancro. Questi dati portavano a considerare che laddove non si fosse intervenuto in modo appropriato, si sarebbe dovuta ottenere un’ascesa continua dei decessi legati a queste malattie. Peraltro, è importante notare che il 90-95% dei casi dell’ipertensione arteriosa essenziale dipende da una cattiva alimentazione, dal sovrappeso e dall’obesità e dalla scarsa attività fisica. L’abitudine al fumo può poi aggravare ulteriormente la condizione. In effetti, solo nel 5-10% dei casi l’ipertensione è secondaria a una malattia del sistema endocrino o dei reni o dovuta all’assunzione di farmaci. In altri casi particolari l’ipertensione può anche comparire durante la gravidanza e complicarla, come nella preeclampsia e nell’eclampsia.

Come annunciato, i risultati devono considerarsi sempre in crescita in rapporto all’aumento numerico progressivo della popolazione mondiale e alla sua maggiore longevità. In tal modo, è stato previsto che il numero annuale dei decessi a causa delle malattie cardiovascolari aumenterà nel 2030 dai diciassette milioni del 2008 ai venticinque.
Come conseguenza di queste tendenze, si prevede che il numero totale dei decessi annui per le malattie non trasmissibili raggiunga entro il 2030 i cinquantacinque milioni, mentre quelli annuali per le malattie infettive nei prossimi venti anni diminuiscano. È da notare, peraltro, come nel 2008 circa l'80% di tutti i decessi per le malattie non trasmissibili, pari a ventinove milioni, si sia verificato nei paesi a basso e medio reddito. Una percentuale più elevata, pari al 48%, era stimata per i paesi a basso e medio reddito in persone di età inferiore ai settanta anni, rispetto al 26% dei paesi ad alto reddito e a una media globale del 44%. Tali tassi di mortalità prematura per malattie non trasmissibili sollevano, invero, considerazioni importanti. Sta di fatto che nell’Africa sub-sahariana, nell’Europa orientale e in alcune parti dell'Asia la probabilità di morire tra i trenta e i settanta anni a causa di una malattia non trasmissibile è la più alta. In particolare, all’aumento della pressione arteriosa è attribuito il 13% delle morti globali, mentre il 9% al consumo di tabacco, il 6% alla glicemia alta, il 6% all’inattività fisica e il 5% al sovrappeso o all’obesità. L’alta pressione sanguigna avrebbe, inoltre, determinato il 51% dei decessi per ictus e il 45% di quelli per malattia coronarica. Pur tuttavia, la pressione sanguigna media è diminuita drasticamente in quasi tutti i paesi ad alto reddito. Negli Stati Uniti, ad esempio, nei maschi la media standardizzata per età della pressione sistolica è scesa dai 131 millimetri Hg (95% intervallo d’incertezza 127-135) del 1980 ai 123 (120-127) del 2008, mentre nelle femmine dai 125 mm Hg (121-130) ai 118 (115-122). Al contrario, la pressione arteriosa media è rimasta stabile o è aumentata nella maggior parte dei paesi africani. Sta di fatto che oggi, la pressione sanguigna media rimane molto elevata in molti paesi africani e in alcuni europei.
Daniel J Corsi dell’University of Bristol, United Kingdom e collaboratori hanno condotto lo studio PURE (Prospective Urban Rural Epidemiology) per rilevare le associazioni tra i fattori genetici, ambientali, comportamentali e sociali delle malattie cardiovascolari in diciassette paesi (American heart journal 10/2013; 166(4):636-646.e4). Lo studio ha mirato a valutare la prevalenza, la consapevolezza e il controllo dell'ipertensione in tutto il mondo con la misurazione della pressione arteriosa a 153.000 persone provenienti da 528 comunità urbane e rurali in diciassette paesi dei cinque continenti. In particolare sono stati interessati Argentina, Brasile, Canada, Cile, Cina, Colombia, India, Iran, Polonia, Africa meridionale, Svezia, Tanzania, Tailandia, Emirati Arabi Uniti, Zimbabwe. Paesi che rappresentano tutte le principali regioni del mondo.
Tutto ciò nell’ipotesi che il disadattamento dell’urbanizzazione con la maggiore assunzione di energia e la diminuzione del dispendio energetico fosse la causa più immediata dell’obesità e del consequenziale trascinamento degli altri principali fattori di rischio tradizionali, come la dislipidemia, l’alterazione glicemica, l’ipertensione. È noto, peraltro, che i fattori di rischio interagiscono con quelli genetici e psico-sociali, derivandone un aumento delle malattie cardiovascolari.
L'età media dei partecipanti era di 50,4, il 60% era di sesso femminile e il 46% era derivato dalle comunità rurali. Gli Autori hanno confrontato l'età, il sesso, la sede urbana / rurale, la mortalità e profili formativi dei partecipanti. Hanno selezionato comunità urbane e rurali all'interno dei paesi con un campione di 424.921 adulti di età compresa tra i trentacinque e i settanta anni e i loro membri familiari. La popolazione delle famiglie PURE, rispetto alle statistiche nazionali, era composta di più donne con un rapporto di 95,1 uomini ogni 100 donne, contro i 100,3 ed era più anziana con i 33,1 anni, contro i 27,3.  L'età, comunque, aveva una relazione lineare positiva tra le due fonti di dati (r di Pearson = 0,92). Il PURE era per il 59,3% di origine urbana, rispetto a una media del 63,1% dei paesi partecipanti. La distribuzione dell’istruzione aveva una differenza minore del 7% per ogni categoria, anche se le famiglie PURE avevano tipicamente livelli più elevati d’istruzione. Ad esempio, il 37,8% dei membri della famiglia PURE aveva completato l'istruzione secondaria, rispetto al 31,3% dei dati nazionali. I tassi di mortalità annui, aggiustati per l’età, mostravano una correlazione positiva per gli uomini (r = 0.91) e per le donne (r = 0.92), ma erano più bassi nel PURE rispetto alle statistiche nazionali (7,9 per 1000 vs 8,7 per gli uomini, 6,7 vs 8,1 per le donne). Questi risultati, per gli indicatori studiati, indicavano che esistevano differenze modeste tra la popolazione delle famiglie PURE e i dati nazionali. Le differenze, tuttavia, non rischiavano di avere molta influenza nel PURE sulle associazioni derivate dall’esposizione - malattia​​. Inoltre, le stime d’incidenza del PURE, stratificate in base al sesso e / o alla località urbana / rurale, avrebbero permesso in tutti i paesi validi confronti tra i tassi relativi dei vari esiti cardiovascolari.
In definitiva, i dati dello studio prospettico PURE dimostravano che l'ipertensione era davvero un’epidemia globale, essendo molto diffusa in tutte le comunità del mondo. Rilevavano anche che la consapevolezza della malattia era molto bassa e che, una volta che i pazienti ne erano consapevoli, la maggior parte erano trattati, ma poco controllati. Inoltre, la prevalenza era minore nei paesi a più basso reddito con circa il 30% e più alta con circa il 50% nelle economie a medio-alto reddito. Le economie ad alto e medio-basso reddito avevano un livello intermedio con circa il 40%. Solo il 13% era controllato e soltanto il 30% della popolazione aveva un’ottimale pressione sanguigna, mentre un altro 30% si trovava nell'ambito della preipertensione. Inoltre, solo il 46% del 40% degli ipertesi era consapevole della propria condizione. Il 40% era stato trattato, ma solo il 13% era sotto controllo. Nei paesi a basso reddito si registravano i più alti tassi d’ipertensione nelle aree urbane, rispetto alle rurali.  Nei paesi ad alto reddito, invece, questo dato s’invertiva per la maggiore prevalenza nelle comunità rurali.
Gli uomini dei paesi ad alto e medio reddito avevano una maggiore probabilità di essere ipertesi, rispetto alle donne. Nei paesi a basso reddito, invece, le donne mostravano maggiore probabilità di essere ipertese, rispetto agli uomini.
I bassi livelli d’istruzione erano associati con una maggiore prevalenza dell’ipertensione nelle economie ad alto e medio reddito, al contrario dei paesi a basso reddito, dove la malattia era in realtà più comune nelle persone più istruite. La consapevolezza, il trattamento e il controllo erano attraverso tutti i redditi maggiori nelle aree urbane, rispetto alle comunità rurali. Le donne, rispetto agli uomini, avevano, infine, tassi più alti di consapevolezza, di trattamento e di controllo.
L’utilizzo di più farmaci antipertensivi era molto basso, appena il 14%, e in concreto nullo nei paesi a basso reddito.



Chi è online

 16 visitatori online

ULTIMO AGGIORNAMENTO SITO:

Articoli: Martedì 11 Luglio 2023 Homepage: 27/03/2023

Statistiche

Tot. visite contenuti : 2719968
Sei qui: Notiziario AMEC Anno 2014 notiziario Marzo 2014 N.3 APPROCCIO EFFICACE PER IL CONTROLLO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA - Dati epidemiologici dell’ipertensione arteriosa nel mondo