Obesità e polmone
Comunemente si ritiene che l'obesità influenzi negativamente la funzione polmonare e si associ al rischio di malattia polmonare. Il parallelo aumento constatato sia per l’obesità sia per l’asma suggerisce, peraltro, che le due condizioni patologiche possano avere dei legami d’interdipendenza e, anzi, che possano determinare un peggioramento vicendevole. Comunque, l'obesità e il controllo inadeguato dell'asma si associano entrambi alla scarsa qualità della vita e a un elevato onere economico per la salute pubblica.
Ma quali sono le condizioni che legano causalmente le due malattie?
Possono errori della gravida e alterazioni intrauterine rivestire un ruolo per l’asma e l’obesità della prole?
Invero, l'asma tende ad assumere un quadro clinico più grave negli obesi. In effetti, gli obesi hanno volumi polmonari di piccole dimensioni con calibro delle vie aeree ridotto e resistenza delle vie aeree aumentata. Peraltro, l’aspettativa di vita è diminuita sia nell’obesità sia nelle malattie croniche polmonari.
Di recente P. E. Marik dell’Eastern Virginia Medical School, Norfolk, VA, USA ha coniato il termine MOHS (malignant obesity hypoventilation syndrome) per descrivere una grave malattia multisistemica a causa degli effetti diffusi dell’obesità (Obes Rev. 2012 Oct;13(10):902-9.). I pazienti per il loro stato di obesità hanno: una grave ipoventilazione con ipertensione sistemica, il diabete, la sindrome metabolica, l'ipertrofia ventricolare sinistra con disfunzione diastolica, l’ipertensione polmonare e la disfunzione epatica. L’Autore ha precisato che questa sindrome non è spesso riconosciuta poiché i medici non tendono culturalmente a definire le associazioni tra i molteplici problemi medici dei pazienti obesi. Invece, a causa delle conseguenze della diagnosi ritardata e della morbidità progressiva, tutti i pazienti con un indice di massa corporea superiore ai 40 kg m2 dovrebbero essere sottoposti allo screening per la MOHS. La sua gestione, peraltro, include misure a breve termine per migliorare le condizioni di salute dei pazienti e a lungo termine per raggiungere la perdita di peso duratura. La chirurgia bariatrica inverte o migliora le molteplici disfunzioni metaboliche e di organo della MOHS e nei pazienti dovrebbe essere presa in seria considerazione.
Tali considerazioni dell’Autore derivavano dal fatto di aver notato un numero crescente di pazienti ricoverati nel proprio reparto di terapia intensiva (ICU) con insufficienza respiratoria ipercapnica e disfunzione d'organo multisistemica, correlate all'obesità (J Intensive Care Med May 6, 2012 0885066612444261). Aveva, di seguito controllato le cartelle cliniche di tutti i pazienti con un indice di massa corporea (BMI) superiore ai 40 kg/m2 e una PaCO2 superiore ai 45 mm Hg, ricoverati nell’arco di più di otto mesi, escludendo i casi con malattia muscolo-scheletrica o polmonare intrinseca o con storia di fumo di più di venti pacchetti/anno. Sessantuno pazienti, pari allo 8% di tutti i ricoveri, incontravano i criteri d’inclusione per lo studio. La BMI media dei pazienti, nel 77% femmine e nel 92% neri, era 48,9 ± 8,6 kg/m2, mentre l’età media 59 ± 11; 47. Tutti i malati erano ricoverati in terapia intensiva per insufficienza respiratoria ipercapnica. Peraltro, avevano una storia di sei ricoveri medi nel corso degli ultimi due anni e nel 75% dei casi era stata erroneamente diagnosticata e trattata la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) / asma, mentre nello 86% si era ricorsi ai diuretici per l’insufficienza cardiaca congestizia. Tutti erano diabetici di tipo 2 con la sindrome metabolica e in tre si era ricorsi alla tracheotomia al momento del ricovero, con necessità di ventilazione meccanica. Tutti i restanti pazienti erano stati trattati con pratiche non invasive e BiPAP (bilevel positive airway pressure), mentre ventitré pazienti in mancanza di BiPAP avevano richiesto la ventilazione meccanica. Sette pazienti avevano, di poi, eseguito una tracheotomia. Sulla base di anomalie inspiegabili dei test di funzionalità epatica, trentanove pazienti, pari al 64%, avevano ricevuto diagnosi presuntiva di NASH (nonalcoholic steatohepatitis). I test di funzionalità polmonare in tutti i pazienti esaminati erano indicativi di un pattern restrittivo. Con l'ecocardiografia quarantatré, pari al 71% dei pazienti, avevano l’ipertrofia ventricolare sinistra e trentasette, pari al 61%, presentavano le caratteristiche della disfunzione diastolica del ventricolo sinistro. Quarantasette, pari al 77% de totale, facevano rilevare l’ipertensione polmonare, in venticinque casi da moderata a grave (pressione sistolica polmonare> 45 mmHg). Tutti i pazienti avevano un’elevata proteina C-reattiva (9,4 ± 6,9 mg / dl), e, a eccezione di uno solo, erano carenti di vitamina “D” (13,5 ± 8,5 ng / mL). Undici, pari al 18%, decedevano durante il ricovero. In conclusione, l’Autore si sentiva autorizzato ad affermare che la MOHS è una seria malattia multisistemica con un alto tasso di mortalità, relativamente comune, ma spesso mal diagnosticata e non adeguatamente trattata.
Nell’ambito di tali dati si è inserito lo studio di certo interesse di Sharry Kahlon dell’University of Alberta e collaboratori con cui gli Autori hanno voluto esaminare l'impatto dell'obesità sulla mortalità a breve termine nei pazienti ospedalizzati con polmonite (Clinical Microbiology and Infection. doi: 10.1111/j.1469-0691.2012.04003.x). Hanno, così, raccolto per due anni i dati clinici e radiografici prospetticamente a tutti gli adulti consecutivi ricoverati con polmonite in sei ospedali di Edmonton, Alberta, Canada. Hanno, quindi, identificato 907 pazienti con indice di massa corporea (BMI, kg/m2) raccolti e classificati come sottopeso (BMI <18.5), normali (da 18,5 a <25), in sovrappeso (da 25 a <30) e obesi (> 30). Nel complesso, il 65% era> 65 anni, il 52% era di sesso femminile e il 15% riferiva una recente perdita di peso. Ottantaquattro, il 9%, erano sottopeso, 358, il 39%, normali, 228, il 25%, in sovrappeso e 237, il 26%, obesi. Due terzi avevano avuto una grave polmonite (63% PSI Classe IV / V) e 79, il 9%, erano deceduti. La mortalità ospedaliera era stata maggiore tra coloro che erano sottopeso (12 [14%]), rispetto ai normali (36 [10%]), ai sovrappeso (21 [9%]) o agli obesi (10 [4%], p <0,001). Rispetto a quelli di peso normale, nell’analisi di regressione logistica multivariata i pazienti obesi avevano mostrato tassi significativamente più bassi di mortalità in ospedale: odds ratio aggiustato (OR), 0.46, 95% IC, 0,22-0,97; p = 0,04. Tuttavia, rispetto ai pazienti con peso normale, né i sottopeso (OR aggiustato, 1.13, 95% IC, 0,54-2,4; p 0,7), né quelli in sovrappeso (OR aggiustato, 0.94, 95% IC, 0,52-1,69, p 0,8) erano stati associati alla mortalità in ospedale. In conclusione, nei pazienti ospedalizzati con polmonite, l'obesità si dimostrava indipendentemente associata a una minore mortalità a breve termine. Ciò portava gli Autori a suggerire un effetto protettivo della BMI> 30 kg/m2 pur richiedendo il dato una migliore comprensione meccanicistica.