Eccesso di peso ed esiti d’ictus: il paradosso dell’obesità nello studio TEMPiS
L'obesità è, di certo, uno dei fattori di rischio ben noti in prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari tra cui l’ictus. Pur tuttavia, nei pazienti con ictus o TIA l'impatto degli esiti secondari fatali e non fatali funzionali del sovrappeso è meno stabilito.
Sulla base di ciò, Doehner W del Charité Universitätsmedizin Berlin e collaboratori hanno voluto valutare l'associazione tra la BMI (body mass index) con la mortalità e con il risultato funzionale non-fatale nei pazienti con ictus acuto o TIA (transient ischaemic attack) (Eur Heart J 2012; DOI:10.1093 Oct 16).
Gli Autori, hanno, quindi, studiato in un’analisi post hoc 4.428 pazienti con ictus o attacco acuto ischemico transitorio, tratti dal TEMPiS (Telemedical Project for Integrative Stroke Care). Si tratta, invero, di uno studio prospettico, multicentrico, non randomizzato con il confronto del trattamento dell'ictus acuto negli ospedali con unità TeleStroke e ospedali senza cura specializzata. I pazienti inclusi erano ricoverati in ospedale entro tre giorni dalla comparsa dei deficit neurologici acuti e sospetto ictus cerebrovascolare, classificati come lievi con non più di un deficit, moderati con due sintomi, gravi con tre sintomi e molto gravi con quattro sintomi. Dei 4.428 pazienti il 70% presentava infarti cerebrali ischemici, l'8% emorragia intracranica e il 22% un TIA. L'indice di massa corporea era disponibile in 1.521 pazienti, il 34%, classificati come sottopeso (BMI <18.5), normali (BMI 18,5 <25), in sovrappeso (BMI da 25 a <30), con obesità (BMI da 30 a <35), con obesità avanzata (BMI ≥ 35 kg / m2 ) e senza valutazione del peso corporeo. Dopo trenta mesi le misure di outcome erano tutte le cause di mortalità e gli esiti non fatali: ictus ricorrente, necessità di assistenza istituzionale, riduzione funzionale (indice Barthel <60, punteggio modificato di Rankin> 3).
Il rischio di mortalità era inferiore nei pazienti in sovrappeso [hazard ratio (HR): 0,69, intervallo di confidenza 95% (IC): ,56-,86) e ancora più basso negli obesi (HR: 0,50, IC 95%: 0,35-0,71) e in quelli molto obesi (HR: 0.36, 95% IC: 0,20-0,66.] rispetto a quelli con normale BMI. Gli esiti funzionali non fatali e le recidive seguivano lo stesso modello inverso: i pazienti sottopeso avevano i peggiori risultati, ma i pazienti obesi esiti migliori, rispetto ai pazienti con normale BMI, tutti con p <0.01. Dopo aggiustamento per i diversi fattori di confondimento gli obesi dimostravano un minor rischio per l’endpoint combinato di morte o di assistenza istituzionale (OR: 0,60, IC 95%: 0,38-0,92), di morte o di alta dipendenza (OR: 0,60, IC 95%: 0,39-0,91) e di morte o di recidiva (OR: 0,56, IC 95%:. 0,37-0,86). La mortalità era significativamente più bassa nei pazienti obesi (indice di massa corporea > 30 kg / m2), rispetto ai pazienti con peso normale (HR: 0,70, IC 95%: 0,50-0,98). I pazienti sottopeso, invece, avevano sistematicamente i rischi più elevati per tutti gli endpoint. In conclusione, l’eccesso di peso e l’obesità determinerebbero una migliore sopravvivenza e migliori risultati combinati con l’ictus o il TIA, rispetto ai pazienti con BMI <25 kg / m 2, secondo una relazione inversa già nota come paradosso dell'obesità. Difatti, nello studio la mortalità risultava nei pazienti sottopeso pari al 61,1% e diminuiva con l'aumento della BMI con il 34,7% dei normopeso, il 24,5% dei sovrappeso, il 18,6% degli obesi, il 13,3% dei molto obesi.