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notiziario Novembre 2012 N°10 - LA PROGNOSI DELL'OBESITA' - Indice di massa corporea materna e rischio di schizofrenia nella prole

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Indice
notiziario Novembre 2012 N°10 - LA PROGNOSI DELL'OBESITA'
La prognosi dell’obesità
Aumento di peso e rischio di limitazioni nelle attività della vita quotidiana
Giro vita come migliore spia per il rischio di salute dell’obeso
Circonferenza fianchi, altezza e rischio di diabete di tipo 2
Rapporto vita/altezza come migliore strumento di screening per i fattori di rischio cardiometabolico
Misure dell’adiposità a confronto per il rischio nella post-menopausa
Valore predittivo per eventi cardiovascolari e mortalità dei diversi gradi di obesità
Indice di massa corporea materna e rischio di schizofrenia nella prole
Impatto dell'obesità infantile sulla morbilità e mortalità dell’adulto
Normalizzare peso e altro del giovane con S.M. per la sua salute in età adulta
Eccesso di peso ed esiti d’ictus: il paradosso dell’obesità nello studio TEMPiS
Obesità e polmone
Obesità nei cani correlata alla disfunzione metabolica
La 32^ Giornata Mondiale dell'Alimentazione
Tutte le pagine

Indice di massa corporea materna e rischio di schizofrenia nella prole

La schizofrenia, dal greco σχίζειν (dividere) e φρήν (mente), di solito cronica, rappresenta forse la più grave malattia neuropsichiatrica della vita adulta. Essa è un disturbo mentale caratterizzato da uno squilibrio dei processi mentali e da una scarsa reattività emozionale. I sintomi più comuni sono allucinazioni uditive, deliri paranoidi o bizzarri, oppure disorganizzazione del linguaggio e del pensiero. Si accompagna anche a una significativa disfunzione sociale o professionale. L'apertura del quadro sintomatologico occorre in genere in età adulta, con picco d’incidenza tra i quindici e ventiquattro anni, con una prevalenza globale una tantum di circa 0,3-0,7%. La diagnosi si basa sull’osservazione del comportamento e sulle esperienze riportate dal paziente. La genetica, l’ambiente, la neurobiologia e i processi psicologici e sociali sembrano coprire un ruolo importante nella sua patogenesi.  Alcune droghe, peraltro, sembrano causare o peggiorare i sintomi. Attualmente è considerata come un disturbo dello sviluppo della connettività neuronale, collegato a meccanismi che coinvolgono la neurotrasmissione dopaminergica e quella glutammatergica. Il cardine del trattamento è un farmaco antipsicotico che sopprime principalmente la dopamina, e talvolta la serotonina, attraverso l'attività del recettore. Nel trattamento rivestono anche un ruolo importante la psicoterapia e la riabilitazione professionale e sociale. Nei casi più gravi, in cui vi sia il rischio per sé e gli altri, può rendersi necessario il ricovero coatto, attualmente adottato meno frequentemente di una volta e, comunque, gestito in forma breve. I malati spesso presentano comorbidità, tra cui la depressione maggiore e i disturbi d'ansia. Frequente è l’abuso di sostanze, i problemi sociali, come la disoccupazione di lunga durata, la povertà e lo stato di senza fissa dimora. L'aspettativa di vita media delle persone con la malattia, per un aumento dei problemi di salute fisica e un tasso di suicidio più elevato pari a circa il 5% dei casi, è inferiore dai dodici ai quindici anni, rispetto alla popolazione normale. Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), la schizofrenia nella classe di età tra i quindici e i quarantaquattro anni è l’ottava principale causa di DALY (Disability Adjusted Life Years) a livello mondiale. A tutto oggi, diverse evidenze suggeriscono che le malattie croniche fisiche e neuropsichiatriche degli adulti pongono le loro radici nei primi anni di vita. In effetti, alterazioni nello sviluppo fetale corrisponderebbero a un aumentato rischio di disturbi cardiovascolari e metabolici nella vita adulta. Così per la schizofrenia ci sono prove di alterazioni nello sviluppo neuronale. Invero, l’aumento del rischio della malattia tra gli individui con basso peso alla nascita suggerirebbe che la stessa possa essere collegata con perturbazioni dello sviluppo fetale. Peraltro, un’ampia letteratura mette in relazione anche vari fattori materni e ostetrici con un aumento del rischio in età adulta. Ad esempio, sono stati descritti il diabete gestazionale, la pre-eclampsia, il distacco placentare, la nascita prematura, l’asfissia neonatale. Dal punto di vista materno, lo stato nutrizionale e quello della composizione corporea rappresentano importanti condizioni per la crescita fetale e il suo sviluppo neurologico. Recentemente la letteratura ha riportato l’associazione tra BMI materna e i vari esiti della gravidanza. Questi includono, in effetti, la preeclampsia, la morte fetale e le malformazioni congenite.
G. M. Khandaker1 dell’University of Cambridge, UK e collaboratori hanno, sulla base delle premesse riportate, ricercato i database pube e Base che comprendessero gli studi nei meriti, effettuando una revisione qualitativa per il riscontro di eterogeneità (Obesity reviews (2012) 13, 518–527). Gli Autori hanno, così, analizzato quattro studi con 305 casi di schizofrenia e di riscontro 24.442 controlli. L’obesità materna con BMI pregravidica superiore a ventinove o trenta in due coorti di nascita era associata al rischio maggiore di due o tre volte della malattia nella prole adulta, rispetto a madri con basso o medio indice di massa corporea. Peraltro, sia la BMI precoce sia quella in gravidanza aumentavano il rischio di schizofrenia nella prole. I risultati discrepanti di uno studio erano attribuibili alle caratteristiche del campione selezionato e ad altri fattori.



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