La prognosi dell’obesità
La prevenzione rimane la formula più intelligente e conveniente nella lotta all’obesità perché migliora la salute a un costo inferiore. Peraltro, si stima che l'obesità è responsabile di un costo per la collettività sempre in aumento e che varia ora nei vari Paesi dall’uno al 3% della spesa sanitaria totale. Negli Stati Uniti, poi, corrisponderebbe al 5 . 10%. Gli adulti obesi hanno, in effetti, più presenze annuali negli ospedali, più visite ambulatoriali, più prescrizioni di farmaci costosi, ma anche peggiore qualità della vita. Peraltro, meno del 10% degli obesi o delle persone in sovrappeso dai quaranta ai quarantanove anni di età vedono ripristinare un peso corporeo normale dopo i quattro anni.
Purtroppo, negli anziani l'obesità aggrava il declino della funzione generale e fisica correlato all'età, anche nei termini delle capacità mentali. Si aprono, quindi, quadri di fragilità, di compromissione della qualità della vita con frequente necessità d’istituzionalizzazione nelle case di cura. Considerate tali premesse, il fenotipo futuro più comune di fragilità potrebbe essere l’anziano adulto, obeso, disabile e con decadimento cognitivo. Pur tuttavia, anche se l'obesità rappresenta un’importante causa di disabilità negli adulti più anziani, dagli studi clinici si ricava poca evidenza sui benefici e sui rischi derivati dagli interventi sulla perdita di peso. Questo dato, in effetti, rende controverso l'approccio clinico nella programmazione della riduzione del peso dei soggetti più anziani. Peraltro, in tal caso potrebbe essere difficile raggiungere la perdita di peso con successo a causa d’indovati comportamenti. Sussiste anche la grande preoccupazione che la perdita di peso potrebbe peggiorare la fragilità, accelerando quella sarcopenia prevalentemente legata alla perdita muscolare dell’anziano.