Steroidi e dopamina fatali nello shock settico?
Daniel De Backer dell’University Hospital Erasme a Bruxelles in Belgio e collaboratori hanno segnalato un loro studio alla Society of Critical Care Medicine 40th Critical Care Congress il 25 gennaio 2011 a San Diego, California in cui si dimostrava che i pazienti con shock, in particolare quello settico, trattati con steroidi e dopamina dimostravano un aumento della mortalità a 28 giorni, pari al 56% rispetto al 49% di quelli randomizzati a noradrenalina. Nei casi, invece, senza steroidi, la mortalità a 28 giorni era in sostanza la stessa, al 49%.La ricerca è conseguita, in via secondaria, allo studio SOAP (Sepsis Occurrence in Acutely Ill Patients),condotto sempre da De Backer e collaboratori (N Engl J Med. 2010,362:779-789). In effetti, sia la dopamina sia la noradrenalina sono farmaci vasopressori di prima linea, raccomandati nel trattamento dello shock. Il SOAP è stato intrapreso per stabilire se un agente si proponeva, in via di superiorità, agli altri nel ripristinare e mantenere la pressione sanguigna. A tal fine 858 pazienti con shock sono stati arruolati a dopamina e 821 a noradrenalina. La dopamina, invero, si è associata a un aumento non significativo di mortalità a 28 giorni, nei confronti della noradrenalina (52,5% vs 48,5%; odds ratio [OR], 1.17, 95% intervallo di confidenza [IC], 0,97-1,42, p = 0,10). La dopamina, però, si è anche associata significativamente a maggiori eventi aritmici. Si sono, difatti, riscontrati 207 eventi (tasso 24,1%) con dopamina contro i 102 (tasso 12,4%) con noradrenalina (P <.001). L’analisi dei dati, con particolare osservazione sull'uso del prednisolone e dell’idrocortisone entro 24 ore dalla randomizzazione alla dopamina e la noradrenalina, ha permesso di appurare i risultati in precedenza espressi. In conformità a questi risultati, gli AA sconsigliano l’uso prolungato di dopamina come vasopressore.
In un precedente lavoro di ricerca Sakr Y del Department of Intensive Care, Erasme Hospital, Free University of Brussels, Belgium.e i suoi collaboratori (Crit Care Med. 2006;34(3):589-597), sempre con l’obiettivo di chiarire il controverso supporto ottimale dei farmaci adrenergici nello shock, hanno indagato sull’influenza della dopamina in tale campo con uno studio di coorte, multicentrico, osservazionale in collaborazione di 198unità europee di terapia intensiva.Lo shock è stato definito come una compromissione emodinamica con richiesta di somministrazione di catecolamine vasopressorie.
Dei 3.147 pazienti, 1.058, il 33,6%, erano in shockin qualsiasi momento e 462, il 14,7%, nella variante settica. Il tasso di mortalità per lo shock è stato 38,3% contro il 47,4% per quello settico. Il 35,4%, corrispondente a 375 pazienti, ha ricevuto dopamina e il 64,6%, 683 in numero, non l’ha mai ottenuta. L’età, il sesso, il Simplified Acute Physiology Score II e il Sequential Organ Failure Assessment score erano comparabili tra i due gruppi. Il gruppo di dopamina aveva dimostrato valori più alti di terapia intensiva (42,9% vs 35,7%, p = .02) e tassi di mortalità ospedaliera (49,9% vs 41,7%, p = .01). La curva di sopravvivenza di Kaplan-Meier ha mostrato una ridotta sopravvivenza a 30 giorni nel gruppo di dopamina (log rank p = 4.6, = 0,032). In un'analisi multivariata, con i risultati dell’unità di terapia intensiva come fattore indipendente, l'età, il cancro, i ricoveri medici, la media maggiore del Sequential Organ Failure Assessment score, il maggiore equilibrio medio dei fluidi e la somministrazione di dopamina sono risultati fattori di rischio indipendenti per la mortalità da shock. Lo studio osservazionale suggerisce, invero, che la somministrazione di dopamina può essere associata a tassi di aumento della mortalità in stato di shock.