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notiziario Dicembre 2010 N°12 - Traffico notturno ed alterazioni del sonno

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Indice
notiziario Dicembre 2010 N°12
Imprinting stagionale dell’orologio circadiano
Durata del sonno e livelli di leptina, equilibrio neurovegetativo, regolazione del glucosio, del cortisolo e della tireotropina
Il legame biochimico tra orologio biologico e diabete
I cibi grassi della gravida fanno i bambini obesi
Traffico notturno ed alterazioni del sonno
Traffico notturno e performance cognitiva il mattino
Inquinamento acustico ambientale e salute nella provincia di Roma
Sonnolenza alla guida e incidenti della strada
Deprivazione di sonno, ormoni e metabolismo negli atleti
Insonnia e ipertensione
Prevalenza e significato dell’insonnia nella sindrome metabolica
Per evitare l’infarto lavora meno e dormi di più
La macchina cerebrale dei sogni
Tutte le pagine

Traffico notturno ed alterazioni del sonno

Come più volte ribadito, l’OMS, sulla base della definizione di salute, rispondente non semplicemente alla semplice assenza di malattia o infermità ma a uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, in ragione anche dell’ambiente in cui si vive, riconoscendo il suo godimento come uno dei fondamentali diritti di ogni cittadino, considerando il rumore ambientale una minaccia e un impattonegativo nei meriti, al fine di sostenere gli sforzi degli Stati membri, nel 1999 ha rilasciato linee guida, rivalutate nel 2006.

La revisione dei dati disponibili ha portato a precise conclusioni.

  • Il sonno è una necessità biologica e il disturbo del sonno si associa a effetti negativi sulla salute.
  • Gli effetti biologici del rumore, mentre si dorme, sono le interruzioni del sonno con variazioni delle sue modalità e del risveglio e aumento della frequenza cardiaca.
  • L'esposizione al rumore notturno è causa di disturbi del sonno auto-percepiti, aumento nel consumo dei farmaci e dei movimenti del corpo, insonnia.

In effetti, il rumore, inducente i disturbi del sonno e stimato come un problema di salute in sé, deve essere anche considerato causa diulteriori conseguenze sulla salute e sul benessere individuale.

Esso, di solito definito come un qualsiasi tipo di suono irritante e invadente, oggi giorno, ha assunto, invero, un importante valore in campo socio sanitario, come preoccupazione ambientale d’inquinamento acustico. Tale condizione viene definita propriamente dalla legge n. 447/1995 art. 2, detta anche legge quadro sull'isolamento acustico. Essa, difatti riporta: “'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o esterno, tale da provocare fastidio o disturbo al riposo e alle attività umane, pericolo per la salute, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo o esterno o tale da interferire con le normali funzioni degli ambienti stessi”. Peraltro, una distinzione tecnica e oggettiva tra un segnale acustico, nel suo senso più ampio, e un rumore deriva dalle caratteristiche particolari, sia nel tempo sia nella frequenza del primo, che di solito mancano nel secondo. Il rumore tende, comunque, a evocare le risposte fisiologiche caratteristiche dello stress, portando diversi ricercatori a prendere in considerazione l'ipotesi che l'esposizione a lungo termine a esso contribuisce alla genesi di malattie gravi. In effetti, l’esposizione al rumore si associa all’elevata probabilità di effetti nocivi alla salute dell’uomo che, oltre a quelli psicosociali del semplice fastidio, dei disturbi del sonno e delle compromissioni delle normali attività quotidiane, comprendono anche quelli fisici sul sistema neuroendocrino, cardiovascolare, nervoso autonomo e centrale. Tra tutti, quelli sull’apparato cardiovascolare rappresentano, di certo, i più suggestivi e i più preminenti. Esistono, peraltro, numerose evidenze sull’associazione tra l’esposizione al rumore e la morbilità cardiovascolare. Peraltro, sembrerebbe che gli effetti cardiovascolari siano mediati dall’attivazione del sistema adrenergico nella sua componente alfa e beta recettoriale. Diversi studi hanno, peraltro, riportato un aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, dell’escrezione urinaria di catecolamine, delle resistenze vascolari periferiche nelle persone sottoposte a inquinamento acustico. Gli studi, condotti con una gamma d’intensità sino ai 115 dBA, hanno riguardato sia il rumore acuto sia quello cronico, sia il continuo sia l’intermittente, sia quello di derivazione industriale sia il così detto “rumore bianco”, sia quello da traffico cittadino.

In effetti, le conseguenze del rumore sull’apparato acustico dell’uomo sono ben note da alcuni decenni ma sono divenuti un bisogno di studio da quando il traffico motorizzato ha invaso sempre più l’ambiente urbano, contribuendo, così, a un più elevato livello d’inquinamento. A tal proposito e dal punto di vista sanitario, si deve notare che fino alla fine degli anni settanta, o giù di lì, la ricerca attiva sugli effetti pericolosi del rumore del traffico sulle persone si è concentrata per lo più su argomenti uditivo-correlati, per poi approfondirsi progressivamente sui problemi e dimensioni della salute più in generale. Il rumore ambientale è un tema, ormai, di preoccupazione continua e crescente, definito, soprattutto, come fastidio e disturbo del sonno con i suoi effetti nel contesto  sociale delle persone. In contemporanea, i ricercatori hanno proteso, da qualche tempo, i loro sforzi per sviluppare modelli analoghi, idonei per predire il grado di fastidio delle persone nella loro esposizione a sorgenti diverse di rumore. In effetti, la valutazione del grado di rumorosità, causata da un cambiamento nel livello sonoro, contiene due componenti: la prima, di tipo cognitivo, che riguarda le aspettative per il suono di soddisfare alcune caratteristiche di un ambiente ideale; la seconda, sostanzialmente emotiva, che è correlata al cambiamento di umore della persona esposta.In conformità a quanto sopra, ne è derivato che i governi, soprattutto del mondo industrializzato, da qualche tempo, sollecitano misure idonee per controllare e ridurre l’inquinamento acustico nella società globalizzata. Tra gli effetti diretti e più evidenti del rumore sui soggetti svegli, il disturbo è, in generale, quello che interferisce negativamente con la comunicazione vocale individuale, con la capacità di concentrazione e, di conseguenza, con le prestazioni dei compiti. Le variabili che influenzano il giudizio soggettivo di una situazione in cui prevale il rumore da traffico, possono, però, anche contribuire a causare disturbi del sonno durante la notte, con consequenziali effetti negativi per il giorno successivo. I bambini, che hanno una soglia più elevata degli adulti per il risveglio, considerati spesso meno sensibili al rumore notturno, sembrano, però, altrettanto più reattivi. Peraltro, passando più tempo a letto, sono anche più esposti ai livelli di rumore notturno, per cui devono essere considerati una classe ad alto rischio. Inoltre, poiché con il passare dell'età la struttura del sonno diventa più frammentata, gli anziani offrono sempre piùvulnerabilità al disturbo, come pure le donne in gravidanza e le persone malate, costituendo così anch’essi gruppi a maggior rischio. Di poi, i lavoratori turnisti sono anch’essi naturalmente a maggior rischio, poiché la struttura del loro sonno è sotto stress a causa degli adattamenti del ritmo circadiano. Secondo quanto riportato dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), nell'Unione Europea ben nove cittadini su dieci sono esposti a rumori superiori ai 65 decibel (dB) e in Italia numerose ricerche testimoniano prudentemente gli effetti dannosi del rumore sull'organismo. Si calcola, difatti, che 40 milioni di persone sono esposti ogni giorno a livelli alti d’inquinamento acustico con i consequenziali danni ben riconosciuti all'udito e ad altri organi e apparati, tra cui il cardiovascolare e più recentemente il sistema immunitario e neuroendocrino. I principali provvedimenti legislativi italiani contro l'inquinamento acustico sono:

  1. la L. 447 del 26 ottobre 1995;
  2. il DPCM 14 Novembre 1997;
  3. il Decreto del Ministero dell'Ambiente del 16 marzo 1998;
  4. il D.Leg. n. 194 del 19 agosto 2005.

Il primo è la legge quadro sull'inquinamento acustico che fornisce anche la sua definizione. Il secondo concerne la determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore, dichiarando trascurabile il rumore inferiore ai 50 dB (A) di giorno e ai 40 dB(A) di notte, misurato a finestre aperte, nonché il rumore ambientale inferiore ai 35 dB(A) di giorno e ai 25 dB(A) di notte, misurato a finestre chiuse. La normativa non si limita a fissare i valori soglia in termini assoluti, ma prevede anche i valori relativi e differenziali. In particolare, definisce il criterio dei 3 decibel sopra il rumore di fondo, il cui volume varia da zona a zona. Il terzo riguarda le tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento acustico. Il quarto è relativo all’attuazione della direttiva 2002/49/CE per la determinazione e la gestione del rumore ambientale. Riguardo a quanto riportato, tutte le attività rumorose non possono superare il limite della normale tollerabilità di ogni cittadino che desidera quiete e riposo, come stabilito dalle citate disposizioni di legge. Inoltre, tutte le sorgenti rumorose devono essere acusticamente isolate in modo che suoni e vibrazioni non si trasmettano alle vicine abitazioni.In genere, si conviene che l'esposizione ai rumori superiori ai 90 decibel per otto ore il giorno e per molti anni provoca una perdita uditiva permanente.A tale riguardo, è da notare che i giovani di oggi, in particolare, risultano sempre più esposti ai livelli sonori traumatizzanti, in rapporto alle sofisticate tecnologie di ascolto musicale in HiFi e in discoteca, dove possono essere superati i 110 decibel per una o più ore, mentre il limite massimo di legge è di 95 decibel. Poi, nell'ascoltoin cuffia con i walkman ad alto volume, il livello di pressione sonora può superare i 110 decibel, per cui, con tempi di esposizione di più ore il giorno, la sordità permanente diviene molto probabile. Lo stress acustico può sommarsi, così, agli effetti della stanchezza fisica, dell'assunzione di alcolici e contribuire sensibilmente al verificarsi d’incidenti di ogni tipo, spesso mortali. Conviene, quindi, alternare l'esposizione al rumore di alto grado con pause di abbassamento dello stress uditivo. Per quanto riguarda l’ambiente, in attesa che i comuni provvedano alla zonizzazione acustica, si dovrebbero applicare i seguenti limiti di accettabilità provvisori, come derivati dall’articolo 6, comma 1, del DPCM 1/3/91.

Tali valori risultano oggi giorno ampiamente superati, soprattutto in particolari zone industriali e cittadine, come riportato da Legambiente per alcune zone di Roma, anche recentemente.

Come già detto, il rumore influisce in modo rilevante su molti aspetti della vita quotidiana, dal benessere psicofisico delle persone, al lavoro, al valore dei terreni e degli immobili. Gli effetti riscontrati sono riportati come trauma acustico, danno, disturbo, fastidio o annoyance. Il primo comporta la perdita di udito in seguito a elevatissime pressioni acustiche, prodotte da fenomeni esplosivi che provocano la rottura della membrana timpanica o il danneggiamento della catena degli ossicini. Il danno, invece, è rappresentato da ogni alterazione, anche parzialmente non reversibile, dell’apparato uditivo, consequenziale all’esposizione quotidiana di livelli di rumore superiori agli 80 dB per tempi prolungati (da 10 a 30 anni). Il disturbo e l’annoyance sono, infine, due patologie che influiscono sulla salute psichica del soggetto esposto, prima che fisica. Il primo si configura come un’alterazione reversibile delle condizioni psicofisiche, mentre la seconda è un effetto di fastidio che diventa un grave stress e che si realizza per la combinazione di fattori di natura fisica, psichica e sociale, modificando la performance socio-ambientale della persona. L’inquinamento acustico, peraltro, non ha effetto solo sull’apparato uditivo, ma anche su altre funzioni dell’organismo e, in particolare, sul sistema cardiovascolare, rivestendo un ruolo di grande importanza a livello del benessere sociale. 

Dalla figura si evince, difatti, che 40 dB Lnight, outside è l’equivalente più basso rilevato per il LOAEL (lowest observed adverse effect) per il rumore notturno. Oltre i 55 db, gli effetti cardiovascolari diventano imaggiori problemi di sanità pubblica, che rischiano, di essere meno dipendenti dalla natura del rumore. Un esame più attento del preciso impatto è doveroso nelrange compreso tra 30 e 55 dB, perché molto dipende dalle circostanze dettagliate di ogni singolo caso.

Dal punto di vista scientifico, il miglior criterio per la scelta di un indicatore del grado del rumore è la sua capacità di prevedere un effetto che, se a lungo termine, come i disturbi cardiovascolari, dovrebbe essere correlato a una situazione acustica di un lungo periodo,come la media annuale del livello di rumore notturno esterno (Lnight,  outside). Per gli effetti istantanei, come i disturbi del sonno, i migliori indicatori sono quelli con il massimo livello per ogni evento (LAmax), come ad esempio il passaggio di un camion, di un aereo o di un treno. L’indicatore Lnight, outside adottato dall’END (Environmental Noise Directive) è un indicatore di scelta, sia per l’uso scientifico sia per l'impiego pratico.Tra gli indicatori ora utilizzati ai fini regolamentari, il LAeq (Aweighted equivalent sound pressure level) e il LAmax sono utili per prevedere gli effetti istantanei o entro poco tempo sulla salute. 

Dietro la scorta di tali dati, le linee guida europee sul rumore notturno raccomandano valori soglia per la tutela della salute pubblica come di seguito:

NNG (Night noise guideline) Lnight, outside= 40 dB; IT (Interim target) Lnight, outside= 55 dB.

A proposito di quanto riportato, bisogna, inoltre, considerare che in Italia, nell’arco del decennio 1997-2006, gli autoveicoli sono aumentati quasi del 25% e, soprattutto, i motocicli del 107%, le autovetture del 17%, gli autoveicoli speciali del 67%, mentre i motocarri sono diminuiti del 15%.

Di fatto, il tasso di motorizzazione dell’Italia è uno dei più alti del mondo con un trend in costante crescita. La figura su riportata dimostra, infatti, che nel periodo 1991- 2003 il numero di auto circolanti per abitante è cresciuto in misura superiore al prodotto interno lordo pro-capite. 

L’incremento, invece, è stato più consistente nei primi anni novanta e si è stabilizzato nell’intervallo 1993-1994, in corrispondenza della crisi economica del 1993, ritornando a salire in modo costante dopo il 1995.

A tale proposito non meraviglia come l’Italia vanti un parco macchine consistente. Difatti, secondo i dati su esposti con 591 auto per 1.000 abitanti si pone nell’Unione Europea al secondo posto dopo il Lussemburgo (646) e nettamente sopra la media europea (459.). 



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