Il CARDIA Sleep Study
Kristen L. Knutson e collaboratori del Department of HealthStudies, University of Chicago,
sulla base che diversi studi epidemiologici avevano evidenziato una correlazione positiva tra durata del sonno autoriferita breve e ipertensione, hanno voluto esaminare in 578 afro-americani e bianchi dai 33 ai 45 anni, di età media di 40,in uno studio accessorio del CARDIA (Coronary ArteryRisk Development in Young Adults), le associazioni trasversali e longitudinali tra durata del sonno, misurata oggettivamente, e la pressione arteriosa (Arch Intern Med. 2009;169(11):1055-1061).
Dopo aver escluso quanti assumevano farmaci antipertensivi e dopo aggiustamento per età, razza e sesso, la durata più breve di sonno e il più basso mantenimento di esso predicevano significativamente i più elevati livelli di pressione sistolica e diastolica, come pure i cambiamenti sfavorevoli dei livelli pressori oltre i 5 anni (tutti p <.05).La durata breve del sonno prediceva anche un aumento significativo dell’incidenza d’ipertensione (odds ratio, 1.37; intervallo di confidenza 95% 1,05-1,78).
Studi di privazione del sonno a breve termine in laboratorio avevano già suggerito, di fatto, un nesso causale tra la perdita di sonno e ipertensione, secondo possibili meccanismi di aumento dell'attività simpatica, stimata con le misure di variabilità della frequenza cardiaca. Nella deprivazione cronica di sonno l’aumento dell'attività nervosa simpatica potrebbe causare, di certo, l'ipertensione. Inoltre, l’osservazione che si osservavano livelli più elevati di pressione sanguigna negli uomini, soprattutto di colore, rispetto alle donne, suggeriva ai ricercatori la possibilità intrigante che i valori più alti ben documentati negli afro-americani e gli uomini potevano essere in parte collegati alla durata del sonno. Pertanto, l’'individuazione di un nuovo fattore di rischio per l’ipertensione nello stile di vita potrebbe portare a nuovi interventi per prevenirla o ridurla.