Geni e depressione
Di certo, la suscettibilità genetica deve giocare un suo ruolo nello sviluppo del disturbo depressivo maggiore. Difatti, i pazienti con storia familiare di disturbi affettivi, con disturbo di panico e dipendenza da alcol tendono a presentare un rischio più elevato. In alcuni casi si sono individuate alcune condizioni genetiche con valore di marcatore nei bambini affetti in seguito da depressione.
A tale proposito, il disturbo depressivo maggiore (DDM) può considerarsi una malattia etiologicamente non ben definita e geneticamente diversa in cui probabilmente s’intrecciano complesse interazioni molecolari in diverse regioni cerebrali. La difficoltà di proposizioni conclusive è legata, in effetti, alla disponibilità di studi clinici con il solo utilizzo di tecniche mini-invasive e all’impossibilità del controllo valido dei fattori esterni che influiscono sulla malattia.
L’alterazione della struttura e funzione degli oligodendrociti, tra cui la loro bassa densità e la ridotta espressione del gene specifico, implicata nelle principali malattie mentali, interessa anche il DDM. Queste caratteristiche si osservano anche nell’UCMS (unpredictable chronic mild stress) e nei modelli della malattia cronica CORT (corticosterone) dei roditori. Peraltro, il gene oligodendrocitico specifico CNP1 (2’-3’-ciclic nucleotide-3’-fosfodiesterasi) è una componente chiave della comunicazione cerebrale ed è già stato implicato nei disturbi psichiatrici.
Nicole M. Edgar dell’University of Pittsburgh e collaboratori hanno voluto dimostrare il ruolo degli oligodendrociti nel DDM e in altri disturbi psichiatrici, come elementi attivi e integranti del funzionamento neurale (Beyond neurons: the role of the oligodendrocyte-specific gene CNP1 in major depressive disorder, June 23rd, 2011). In un precedente studio del loro laboratorio gli autori avevano rilevato nei depressi post mortem e nei topi esposti a UCMS, una diminuzione dei livelli di CNP1 nell'amigdala, corpuscolo centrale del cervello deputato anche alla regolazione dell'umore. L’insieme del nuovo studio dimostrava nei topi CNP1KO un profilo di sorprendente elasticità comportamentale, accompagnato da modelli di disfunzione collegati all’amigdala. Inoltre, si dimostrava una robusta up-regulation delle trascrizioni degli oligodendrociti, relative al sistema immunitario nell'amigdala baso-laterale dei topi CNP1KO. Questo modello era indicativo di variazioni compensative per la struttura/funzione degli oligodendrociti e rivelatrici di un'associazione tra oligodendrociti e funzione immunitaria. L’insieme di questi studi dimostrerebbe, in effetti, che l'alterazione della funzione degli oligodendrociti, tramite l’eliminazione del CNP1, può avere un impatto sui circuiti di mediazione dell’emotività nei topi con consequenziali anomalie dei comportamenti affettivi. Tuttavia, a valle dei cambiamenti molecolari, in combinazione con l'osservazione delle conseguenze negative a lungo termine in questi topi, come la neurodegenerazione, è suggestivo riconoscere un ruolo di disadattamento del CNP1 nell’episodio depressivo maggiore.