La classificazione 2009 dell'ipertensione rivisitata dell'Hypertension Writing Group
I dati epidemiologici e clinici degli ultimi anni hanno riportato lo stretto rapporto tra pressione arteriosa (PA) e malattia cardiovascolare (MCV), definendo un cambiamento marcato nella considerazione di tale condizione. Il rischio, così, è stato riconosciuto elevato anche a livelli di PA in precedenza considerati normali, mentre, in alcuni casi, si è visto che gli sporadici innalzamenti possono essere valutati fisiologicamente benigni e non associati a rischio aggiuntivo di malattia cardiovascolare. Peraltro, l’elevata PA non deve essere trattata in modo isolato, ma considerata nel contesto di cura del paziente complesso, tenendo conto della presenza di altri fattori di rischio e di marcatori di malattia CV per ottenere una sua più completa o globale valutazione. Sulla base di quanto sopra, l'Hypertension Writing Group (HWG) ha proposto l’ipertensione come "una sindrome progressiva cardiovascolare, il cui marker precoce può essere presente anche prima dell’osservazione delle elevazioni della PA. L'obiettivo, dichiarato della nuova definizione, è stato quello d’identificare precocemente nel decorso della malattia gli individui a rischio di malattia cardiovascolare ed anche di evitare di etichettarli ipertesi a basso rischio di malattia cardiovascolare e, quindi, di superare il problema della sottovalutazione o della valutazione eccessiva del rischio clinico all'interno dei singoli pazienti. La HWG ha proposto, quindi, di definire tutti i pazienti come normotesi od ipertesi, eliminando la preipertensione della JNC 7, classificando i pazienti in fase 1, 2 e 3, non sulla base dei valori pressori, in quanto valori di pressione, ritenuti bassi, possono associarsi a danno CV, ma sulla base della presenza dei fattori di rischio per malattia cardiovascolare precoce, avanzata o progressiva, così come per la presenza di altri marcatori di MCV, classificati, quindi, come PA, cardiaci, vascolari, renali ed alterazioni retiniche, e di danni degli organi bersaglio, classificati come cardiaci, vascolari, renali, e cerebrovascolari. Oltre l'obiettivo di fornire una valutazione più clinicamente rilevante del rischio CV globale nella pratica clinica, questo cambiamento di paradigma servirebbe a focalizzare l'attenzione sulla necessità di soddisfare risultati non ottenuti in materia di prevenzione e di trattamento ottimale dell'ipertensione, attraverso una gamma di settori, dalla ricerca di base e sviluppo di farmaci, all'educazione del paziente ed alla gestione clinica. Due settori, in particolare, devono trarre beneficio da questa rinnovata definizione e classificazione del HWG: lo sviluppo dei costi specifici e test efficaci, sensibili nel rilevare i primi marcatori di MCV in ambito clinico, e lo sviluppo di strategie per rallentare o prevenire l'insorgenza del danno d'organo bersaglio o MCV palese, trattando i primi disordini vascolari. Forse, la prova più convincente, contro l'uso della soglia di PA per definire l'ipertensione, risiede nel fatto che non esiste una PA sopra i 115/70 mmHg, che identifichi il rischio CV. Difatti, il rischio è lineare e raddoppia per ogni aumento di 20/10 mmHg. Come conseguenza della natura dinamica della PA può essere più clinicamente rilevante utilizzare modelli di PA, piuttosto che definite soglie, misurate nella clinica, per la valutazione del rischio CV in un singolo paziente. Così, l’HWG pone particolare attenzione sulla PA ambulatoriale, la pressione sistolica (PAS) e la pressione pulsatoria (differenza tra pressione sanguigna sistolica e diastolica [PAD]) per il rischio, perché più precisi marcatori del rischio CV, rispetto alla pressione in clinica, la PAD, soprattutto nei pazienti più anziani. L’altro principio fondamentale, considerato dal HWG, è quello della correlazione tra l’elevata PA e gli altri fattori di rischio CV, poiché la sua stratificazione sulla base dei soli livelli pressori, spesso, lo sottovaluta. Difatti, ciò che è particolarmente significativo, dal punto di vista della definizione dell’ipertensione al di là delle soglie di PA, è che questi processi di malattia sono strettamente interconnessi e interagiscono per vie fisiopatologiche comuni, come processi di stress ossidativo e processi di disfunzione endoteliale. Inoltre, la presenza dei fattori di rischio e dei marcatori della malattia definiscono le fasi più precoci in un continuum di MCV, ben prima che essa sia palese e che il danno degli organi bersaglio possa essere clinicamente misurato.
Questi dati, presi insieme, suggeriscono che può essere più utile considerare la pressione come uno biomarker della malattia ipertensiva, ma non l'unico, e prendere atto nel paziente dei livelli sopra ottimali di PA, come quelli che propongono evidenza di danni al sistema vascolare.
Da notare che nell’European Meeting del giugno 2009 a Milano sono state annunciate da Giuseppe Mancia le novità principali che caratterizzeranno le prossime linee guida europee sull’ipertensione:
Come si nota emerge, tra gli altri, l’importante messaggio, rispetto alle raccomandazioni precedenti, del ruolo della misurazione della pressione arteriosa a domicilio, incoraggiando tutti i pazienti ipertesi a utilizzare un dispositivo provato di misurazione della pressione arteriosa, usando la tecnica corretta per valutare la stessa nella propria casa. L’automisurazione a domicilio può contribuire: a confermare la diagnosi d’ipertensione, a migliorare il suo controllo, a ridurre il bisogno di farmaci, a identificare la presenza d’ipertensione da camice bianco e mascherata, a migliorare l'aderenza ai farmaci (Fonte: N Engl J Med 2008;358:1547-59 Lancet 2008; 372: 547–53). Permangono attuali le raccomandazioni sullo stile di vita per limitare la possibilità di divenire ipertesi: ridurre l’assunzione di sodio a meno di 2300 mg/die, seguire dieta salutare con alto tenore di frutta fresca, vegetali, basso in prodotti caseari grassi, consumare fibre dietetiche e solubili, grani integrali e proteine derivate dalle piante, grassi saturi in bassa quantità, colesterolo e sodio come da schemi dietetici, mantenere attività fisica regolare per almeno 30-60 minuti, di moderata intensità, come una passeggiata a passo svelto, per 4-7 giorni a settimana in aggiunta alle attività giornaliere di routine, consumare bassa quantità di alcol (≤2 drink standard/die e meno di 14/settimana per gli uomini e meno di 9/settimana per le donne), mantenere il peso corporeo ideale (BMI 18,5-24,9 kg/m2), circonferenza vita per europei, africani sub-sahariani, per i medio - orientali uomini<94 cm e donne <80 cm; per i sud asiatici, cinesi <90 cm e <80 cm rispettivamente, regolare le abitudini di vita anche in ambiente privo di fumo. Si ribadisce, in particolare il principio FITT riguardo all’attività fisica con Frequenza di quattro - sette volte a settimana; Intensità moderata; Tempo di 30-60 minuti; Tipo di attività cardiorespiratoria come passeggiata, jogging, ciclismo amatoriale, nuoto non competitivo. Sono, peraltro, temi di attualità nel trattamento dell'ipertensione: combinazioni fisse di un ACE-I / CCB, piuttosto che ACE/tiazidici, beta bloccanti, relegati al 4° posto nel trattamento, salvo nelle condizioni obbligate, preferenza per l’ABPM e il monitoraggio domiciliare, preferenza per la terapia cronotropa per i non-dippers e gli ipertesi ante meridiani, nuovi paradigmi per gli antagonisti dell’aldosterone, in specie nell’ipertensione resistente, trattamento farmacologico delle condizioni in precedenza descritte come preipertensione, gestione dell’ipertensione del grande anziano, terapia farmacologica per gli anziani, basata sugli stessi criteri degli adulti più giovani, usando cautela nei più fragili e nei riguardi dell’ipotensione posturale, nuovo trattamento per la sindrome metabolica, valutazione dell’ipertensione e della malattia cardiovascolare nelle minorità etniche, la polipillola. La combinazione di un ACE-I con ARB non è raccomandata nei pazienti con ipertensione senza indicazioni obbligate, malattia coronarica senza scompenso, stroke precedente, nefropatia cronica non proteinurica o diabete mellito senza micro albuminuria, ma in casi selettivi e strettamente monitorizzata nei pazienti con scompenso cardiaco avanzato o nefropatia proteinuria. (Fonte: N Engl J Med 2008;358:1547-59 Lancet 2008; 372: 547–53).