Privazione di sonno, spia di sonnambulismo
Antonio Zadra e collaboratori della Faculty of psycology of Université de Montréal, in Quebec hanno studiato 40 pazienti, di cui 10 con un disturbo del sonno in concomitanza di movimenti periodici delle gambe (Ann Neurol. Published online March 19, 2008). La privazione del sonno non solo aumentava il numero totale degli episodi comportamentali, ma anche la proporzione di pazienti con almeno 1 episodio complesso - da 5, come in 5 pazienti al basale, a 22 in 14 casi durante il sonno di recupero. Ciò avrebbe significato che la persona manifestava un qualche tipo di comportamento motorio insolito, per cui poteva sedere sul letto, giocare con le lenzuola, indicare le pareti, cercare di alzarsi. Il sonnambulismo, o questo comportamento di movimento notturno, si verificava, infatti, in genere durante la fase 3 o 4 del sonno, detta anche SWS (slow-wave sleep) che è, anche, la fase del sonno più profondo e compensa la maggior parte di una sua privazione. Nello studio, in effetti, si è verificato un aumento significativo del tempo trascorso in SWS durante il recupero, rispetto al sonno basale. I sonnambuli, secondo gli AA, hanno problemi del mantenimento del sonno profondo e per una qualche ragione il loro cervello cerca di passare dal sonno a onde lente al risveglio, rimanendo intrappolati tra queste due condizioni. Sulla base dei risultati del loro studio i ricercatori hanno sostenuto che i sonnambuli soffrono di una disfunzione del meccanismo responsabile della generazione dello SWS stabile. In effetti, questi pazienti hanno spesso tanti piccoli micro - risvegli durante il sonno a onde lente. In occasione di deprivazione, poi, si hanno anche molto più di questi bassi risvegli e in alcuni di loro si potrà sviluppare un episodio completo. Tale condizione, presente nel 4% circa della popolazione adulta, in sua qualsiasi forma assume, pertanto, dignità di possibile strumento di diagnosi di sonnambulismo, soprattutto sul piano medico-legale.