Integrazione di vitamina “D” in soggetti carenti, associata a un ridotto rischio cardiovascolare
S
empre Tami Bair e collaboratori, sulle premesse della particolare prevalenza d’ipovitaminosi “D”, causa non solo di malattie dello scheletro ma anche di cardiovasculopatie tanto da poter essere considerata come marker di rischio, hanno voluto determinare se la normalizzazione del basso livello di partenza di vitamina “D” (<a> 30 ng/mL) potesse associarsi a una riduzione del rischio cardiovascolare stesso (J. Am. Coll. Cardiol. 2010;55;A59.E564). Hanno, quindi, valutato prospetticamente 9.491 pazienti con un grado inizialmente basso di vitamina (<30) definendo almeno un livello nel follow-up e utilizzando l'ultimo per stimare la normalizzare (> 30) con l’associazione della riduzione del rischio CV.
La vit. “D” di base nei pazienti carenti con media di 57 ± 19 anni, per il 77,9% femmine, era 19,3 ± 6. Di essi un totale di 4.507, il 47%, ha segnato un aumento (D> 30) con una riduzione del rischio di morte, di SCA, di scompenso e d’insufficienza renale (vedi tabella).
Gli AA., sulla base di tali dati, hanno concluso che la normalizzazione dei livelli di Vit “D” nei casi di suo deficit, adottando, peraltro, testpoco costosie terapia sicura e di facile somministrazione, assume un indiscutibile vantaggio di salute.