SPECIALISTI CONSULTATI PER L'ATTACCO DI PANICO
William Coryell e collaboratori [Arch. Gen. Psychiatry 1982,39 (6): 701)] già nel 1982, sulla base che i fattori psico-sociali possono contribuire allo sviluppo e alla promozione delle malattie cardiovascolari, favorendo anche direttamente la patogenesi dell’arteriosclerosi con comportamenti non sani e ostacolando ulteriormente, a malattia clinica conclamata, la lotta contro gli stili di vita errati, verificavano che i tassi di mortalità nei pazienti con disturbo di panico erano superiori a quelli della popolazione generale. Nel loro studio il 20% dei decessi dei 113 ex ricoverati con disturbo di panico, seguiti per 35 anni, era avvenuto per suicidio senza, però, esclusione di una comorbilità. Gli uomini presentavano, però, il doppio del rischio di mortalità cardiovascolare, rispetto a quelli della popolazione generale.
Kate Walters e coll. dell’University College di Londra, sulle premesse che la complessità del rapporto cuore/mente era tema di discussione sempre più pressante e che la maggior parte dell’interesse di tale correlazione si era concentrata sul binomio depressione e coronaropatia, con poco rilievo sui disturbi d'ansia e ancor meno, perché anche poco noto, sul ruolo dei disordini di panico, hanno dimostrato un significativo nesso di causalità tra attacchi di panico e coronaropatia in tutte le età, con aumento dell’infarto miocardico acuto solo prima dei 50 anni, soprattutto nelle donne (Eur Heart J. 2008;29:2981-2988). Va considerato, però, che il gruppo dei malati studiati presentava storia di maggiore dedizione al fumo, depressione e ansia, forte assunzione di alcol, uso di numerose prescrizioni, incidenti cerebrovascolari pregressi, ipertensione, alti livelli di colesterolo e obesità.