Riacceso il dibatitto sulla curva «J»
Gli ipertensiologi si scontrano ancora una volta sul fenomeno della curva « J », che riconduce alla definizione di una "normale" pressione sanguigna sotto la quale è pericoloso un ulteriore abbassamento.
Difatti, mentre tutti sono d'accordo che v’è un nadir - pressione sanguigna sotto la quale la vita sarebbe impossibile -, rivolgendo l'attenzione sugli effetti pregiudizievoli del trattamento troppo aggressivo, il dibattito si concentra sul fatto se tale curva « J » avviene all'interno di una fisiologica gamma di pressione. Peraltro, i sostenitori del fenomeno della curva « J » concordano sul fatto che bisogna scoraggiarsi dal perseguire il controllo aggressivo dell'ipertensione per portare tutti i pazienti ai livelli target consigliati.
Messerli FH dello St Luke's Roosevelt Hospital Center, New York e Gurusher S Panjrath dello Johns Hopkins Hospital, Baltimore, recentemente, il 10 novembre 2009, sulla Gazzetta dell’American College of Cardiology hanno annotato che un attento esame dei dati disponibili sembra mostrare una forma « J » nel rapporto tra PA diastolica e malattia coronarica nei pazienti ad alto rischio, pur nell’asserzione della mancanza di prove precise (J Am Coll Cardiol 2009; 54:1827-34). Tuttavia, questo effetto negativo di troppo bassa pressione diastolica in malati coronarici lascia il medico pratico con la possibilità di dubbio che, in pazienti a rischio, abbassando la PA a livelli che impediscono l’ictus o la malattia renale, si potrebbe, in effetti, precipitare l’ischemia miocardica. È stato, peraltro, aggiunto che questo dato è principalmente vero per quanto riguarda la pressione diastolica, poiché non si verifica solitamente per una sistolica sufficientemente bassa, anche perché la perfusione coronarica si verifica principalmente durante la diastole. Un effetto tipo curva « J », per quanto riguarda l’infarto del miocardio e la pressione diastolica, è stato riscontrato nei trial INVEST, VALUE, TNT, ONTARGET, SYST-EUR, INSIGHT, HOT, ACTION, PROVE-IT e in altri grandi studi prospettici randomizzati. Nella maggior parte di essi l’effetto è stato più pronunciato nei pazienti con malattia coronarica manifesta, rispetto ai pazienti senza coronaropatia. Comunque, a nota di diversi autori, non bisogna avvalersi della curva « J » a sostegno di non abbassare la PA in un paziente la cui pressione sistolica non è sotto controllo, preoccupandosi solo nei casi di diastolica <70. Ovviamente, la terapia deve essere sempre personalizzata in rapporto, soprattutto, all’età e alle malattie concomitanti. Difatti, in un paziente con pregresso ictus, con sistolica di 170 o 180 mm Hg e diastolica di 60, probabilmente, potrebbe ancora essere opportuno abbassare la sistolica, perché è fattore di rischio molto più potente per una recidiva, maggiormente devastante rispetto al rischio di cardiopatia coronarica acuta per gli effetti di abbassamento della diastolica (Williams B. Hypertension and the "J-curve." J Am Coll Cardiol 2009; 54: 1835-1836).