Questa funzione è stimolata dal ponte e si verifica come ricordi per l‟80% dei risvegli dal sonno REM e come esperienze isolate, per esempio cadute, solo per il 7% dal non-REM. Poiché si entra nel sonno REM per circa cinque volte in un periodo medio di otto ore di sonno, se si assume che sogniamo in ciascuno di essi, in un anno dovremmo avere 1.825 sogni. Pertanto, un 75enne avrebbe circa 136.875 sogni, di cui la maggior parte senza ricordo.
Il 25% del sonno notturno, o 2 ore di esso, è, comunque, speso per sognare.
Caratteristica dei sogni è che:
- in essi possono essere incorporati stimoli esterni,
- di solito ricorrono episodicamente 4-5 volte per notte, avvenendo in tempo reale,
- si verificano nel sonno non-REM e REM essendo più frequenti e più lunghi nel REM,
- le emozioni possono essere intense,
- possono evolversi in "tempo reale",
- i contenuti e l‟organizzazione sono di solito illogici,
- le sensazioni sono a volte bizzarre, i dettagli bizzarri sono accettati acriticamente,
- le immagini oniriche sono difficili da ricordare,
- sono presenti in qualche misura in ogni persona,
- si associano a erezioni notturne in ragione del loro contenuto,
- durante una transizione verso lo stato di veglia si può verificare confabulazione,
- non si verifica, invece, sonnambulismo per ragioni non meglio note.
La PET ha rivelato che l'attività cerebrale è molto diversa nel sonno REM rispetto a quando si è svegli. I lobi frontali e la corteccia visiva primaria sono essenzialmente spenti durante il periodo REM, significando che si è tagliati fuori dal mondo esterno e dal pensiero razionale in modo da accettare i propri sogni, non importa quanto bizzarri essi siano. Al contrario l‟amigdala e l‟ippocampo del sistema limbico, preposti all‟emozione e alla memoria, sono molto attivi, come le aree visive del cervello.
I contenuti della maggior parte dei sogni riguardano la vita di tutti i giorni e in rapporto alla cultura individuale. L'aggressione è più comune rispetto all‟amicizia e spesso gli stimoli ambientali, durante il sogno, possono essere incorporati in esso. Non ricordiamo al risveglio i nostri sogni perché le aree del cervello del lobo frontale, preposte alla memoria, sono rimaste chiuse durante il sonno REM e i neurotrasmettitori sono anch‟essi notevolmente ridotti. È più probabile ricordarlo se ci si sveglia durante il suo corso e così, pure quelli vividi hanno maggiori probabilità di essere ricordati. Le occasioni di distrazione, legate agli impegni giornalieri al risveglio, tendono, peraltro, a far dimenticare i sogni e d‟altro canto il cervello sembra programmato per obliare la maggior parte di ciò che avviene durante il sonno.
Si possono distinguere vari tipi di sogno: 1) quello vivido, dettagliato, composto di sensazioni e percezioni di attività motorie sperimentate durante il periodo REM, 2) l‟immaginazione di sognare priva di percezioni sensoriali e di senso di attività motoria, più simile al pensiero diurno, verificantesi durante il sonno a onde lente, 3) il sonno lucido, in cui il soggetto controlla che cosa succede nel sogno stesso. Di fatto, la ricerca su una comprensione dei sogni è di migliaia di anni, eppure fino a oggi non vi è ancora accordo tra i ricercatori sul perché si sogna. Si sono proposte molte ipotesi sulle funzioni del sogno, soprattutto, durante la fase REM. Negli ultimi 100 anni hanno dominato tre teorie di ricerca: quella di fine del 19esimo secolo di Freud; quella degli anni 1950 della correlazione del sognare con la scoperta del rapido movimento degli occhi (REM) e l‟ultima degli anni 1970 relativa all‟innesco del sogno da parte dell‟attività neurale nel tronco encefalico.
Sigmund Freud, alla fine del 19esimo secolo, considerava il sogno la “royal road to the unconsciousness” e postulava che i sogni fossero l'espressione simbolica di desideri frustrati, spesso a contenuto sessuale, affondati nell‟inconscio della mente. La psicoanalisi, pertanto, raggiungendo la loro interpretazione, poteva permettere la slatentizzazione di questi desideri. Freud, così, poneva la chiave per la comprensione e la lotta dei problemi psicologici facendo raggiungere ed esporre il significato dei sogni latenti ai propri pazienti (Freud, S. "Introductory lectures on psycho-analysis." In Standard Edition Of The Complete Psychological Works Of Sigmund Freud, vol. 15, London: Hogarth Press, 1916-17, p. 153).
Secondo tale classica teoria psicoanalitica, il sogno sarebbe, in definitiva, durante il sonno la realizzazione allucinatoria di un desiderio inappagato durante la vita diurna. Nel 1976 J. Allan Hobson e Robert McCarley, sfidando la teoria freudiana, basata sul subconscio, proposero la nuova teoria che ha cambiato la ricerca sui sogni (American Journal of Psychiatry, 134:1335-1348, 1977). La loro dottrina della sintesi di attivazione afferma, difatti, che le esperienze sensoriali sono fabbricate dalla corteccia cerebrale, come un mezzo per interpretare i segnali caotici che provengono dal ponte. Nel sonno REM le fibre colinergiche ascendenti PGO (ponto-geniculo-occipitali) determinano un maggiore stimolo al mesencefalo e alle strutture corticali proencefaliche, producendo i rapidi movimenti oculari. Quindi, il cervello, così attivato, sintetizzerebbe il sogno da queste informazioni, generate internamente. Si assumerebbe, ancora, che le strutture stesse, che inducono il sonno REM, genererebbero anche informazioni sensoriali. Tali dati, di possibile identificazione con criteri obiettivi, hanno portato alla rinascita d‟interesse per questo fenomeno. Quando gli episodi di sonno REM sono stati cronometrati per la loro durata e i soggetti svegliati a fare i loro rapporti prima di modificare o dimenticare la maggior parte di quanto realizzato, si è riscontrata un‟abbinazione tra il periodo ritenuto della narrazione del sogno con l‟estensione del REM antecedente il risveglio. Questa stretta correlazione tra sonno REM e l'esperienza sogno era alla base della prima serie di relazioni che descrivono la natura del sogno e cioè che è un fenomeno regolare ogni notte, piuttosto che occasionale, ed è un‟attività ad alta frequenza all'interno di ciascun periodo di sonno, verificandosi a intervalli di prevedibilità circa ogni 60-90 minuti in tutti gli esseri umani per tutta la durata della vita. Gli episodi di sonno REM e i sogni che li accompagnano si allungano progressivamente in tutta la notte, essendo il primo più breve di circa 10-12 minuti e gli altri progressivamente più prolungati sino a 15-20 minuti. I sogni al termine della notte durano fino ai 15 minuti, anche se possono essere vissuti come parecchie storie distinte a causa di risvegli con momentanea interruzione del sonno fino a che la notte non finisce. I soggetti normali riportano i sogni nel 50% dei casi di un risveglio antecedente la fine del primo periodo REM, mentre, nei casi di risvegli nell'ultimo periodo REM della notte, il tasso aumenta a circa il 99%. Quest‟aumento nella capacità di richiamo appare correlato con l‟intensificazione durante la notte con la vividezza delle immagini, colori ed emozioni. Secondo Hobson la funzione principale dei movimenti oculari rapidi (REM), associati con i sogni, è fisiologica e non psicologica. Difatti, durante tale periodo il cervello si attiva e "riscalda i suoi circuiti", anticipando le immagini, i suoni e le emozioni dello stato di veglia. Tale ipotesi offre molte spiegazioni e, come nel fare jogging, il nostro corpo non ricorda i passi di una corsa, ma si allena a farli, allo stesso modo non ci ricordiamo molti dei nostri sogni ma la nostra mente si prepara e ottimizza la loro consapevolezza cosciente. I sogni rappresenterebbero uno stato parallelo in cui la coscienza è sempre in funzione ma che è normalmente soppresso mentre la persona è sveglia. Peraltro, in termini evolutivi, il sonno REM, individuato negli esseri umani, in altri animali a sangue caldo e negli uccelli, sembra essere relativamente recente. Studi più moderni hanno suggerito che esso appare precocemente durante la vita e per l‟uomo nel suo terzo trimestre. La ricerca ha fornito anche la prova nel cervello del feto che potrebbe consistere, in un certo senso, il vedere le immagini molto prima che i suoi occhi si siano aperti. Tale dato di fatto porterebbe a concludere che lo stato REM possa aiutare il cervello a costruire le connessioni neurali, soprattutto nelle aree visive. Ciò non significa che i sogni non hanno un significato psicologico, dal momento che, a volte, riflettono i problemi attuali, le ansie e le speranze. Un recente studio di più di un migliaio di persone presso la Carnegie Mellon University di Harvard ha dimostrato forti distorsioni nel modo in cui le persone interpretavano i sogni. Così, per esempio, i soggetti collegavano maggiormente il significato negativo del sogno sulle persone che non amavano e quello positivo sulle predilette. La ricerca sui sogni lucidi ha suggerito, poi, che solo il 20 per cento dei sogni si riferisce a persone o luoghi che conosciamo e la maggior parte delle immagini è specifica di un unico sogno. Invero, il sogno lucido è la possibilità di guardare un sogno in qualità di osservatore senza svegliarsi e Hobson ha trovato sostegno nel sogno lucido per la sua tesi per i sogni, come una specie di esercizio cerebrale fisiologico. Peraltro, in uno studio pubblicato su Sleep, l‟Autore ha riferito che gli elementi REM e veglia erano entrambi evidenti nei sogni lucidi, soprattutto nelle aree frontali, che sono tranquille durante i sogni normali. Secondo Hobson questo dato suggerisce, in effetti, la presenza di due sistemi, che possono essere in esecuzione contemporaneamente. È importante considerare ai fini pratici, a tale proposito, che le applicazioni potenziali di tali studi possono portare a una più profonda comprensione delle malattie come la schizofrenia, categorizzata con fantasie che possono essere relative all‟attivazione anomala di uno stato sognante.
L‟ipotesi di Hobson considerava la funzione dei sogni probabilmente collegata a un segnale geneticamente determinato secondo un modello funzionale del cervello dinamico, progettato per costruire e testare i circuiti cerebrali che stanno alla base il nostro comportamento, tra cui cognizione e senso di attribuzione. In altre parole, il sogno sarebbe un meccanismo inteso a stimolare i circuiti neurali e questa stimolazione dovrebbe, in qualche modo, essere fondamentale per il normale funzionamento del cervello durante lo stato di veglia. Pur tuttavia, diverse evidenze suggeriscono che sognare è sicuramente qualcosa di più che un dato "geneticamente determinato". Mark Solms successivamente, mentre lavorava nel dipartimento di neurochirurgia in Johannesburg e Londra, avendo accesso a pazienti con lesioni cerebrali diverse, ipotizzò che i sogni fossero generati nel proencefalo e che il sonno REM e il sogno non fossero tra loro direttamente collegati (Behavioral and Brain Sciences. 2000, 23(6) pp. 793–1121). Iniziò, così, a interrogare i pazienti sui loro sogni, confermando che le lesioni del lobo parietale portavano ad abolire di sognare. Ciò in linea con la teoria di Hobson del 1977, senza, però, incontrare i casi di perdita di sognare nei danni del tronco cerebrale. Quest‟osservazione l‟ha portato a mettere in discussione la teoria prevalente di Hobson, per la quale il tronco cerebrale rappresentava la fonte dei segnali interpretati come sogni, e a suggerire che il sogno fosse una funzione di molte strutture cerebrali complesse, come convalida della teoria freudiana, attirandosi dure critiche dallo stesso Hobson. Di seguito Jie Zhang, combinando l‟ipotesi della sintesi di attivazione di Hobson con i risultati di Solms, propose la teoria dell‟attivazione continua del sognare, come risultato, al tempo stesso, di attivazione del cervello e della sintesi, considerando la presenza di meccanismi cerebrali diversi per il controllo del sogno e del sonno REM (Dynamical Psycology 2006-03-13). Ipotizzò, anche, che la funzione del sonno fosse di elaborare, codificare e trasferire i dati dalla memoria temporanea a quella a lungo termine, pure senza molte prove di appoggio a questo cosiddetto "consolidamento". Il sonno NREM svilupperebbe la memoria correlata alla coscienza (memoria dichiarativa), mentre quello REM la memoria inconscia (memoria procedurale). Durante il sonno REM, inoltre, la parte inconscia del cervello elaborerebbe la memoria procedurale e, intanto, il livello di attivazione nella parte cosciente del cervello scenderebbe a un livello molto basso, siccome gli input sensoriali sarebbero fondamentalmente disconnessi. In tal modo, s‟innescherebbe il meccanismo dell‟attivazione continua con generazione di un flusso di dati dai depositi di memoria verso la parte cosciente del cervello. Zhang propose che tale attivazione cerebrale fosse l'induttore di ogni sogno e che con il coinvolgimento del sistema associativo cerebrale il sognare potesse essere in seguito auto-gestito con il pensiero sognante fino al successivo impulso d‟inserimento della memoria. Questo spiegherebbe perché i sogni hanno caratteristiche sia della continuità (all'interno di un sogno) sia dei cambiamenti improvvisi (tra due sogni). Eugen Tarnow suggerì, per sua parte, che i sogni fossero eccitazioni sempre presenti nella memoria a lungo termine, anche durante la veglia, rielaborando la teoria freudiana, sostituendo l‟inconscio con il sistema di memoria a lungo termine e il “Dream Work” di Freud, con la struttura della memoria a lungo termine (Neuro-Psychoanalysis 2003). (5(2). Da notare che già nel 1886 W. Der Truam Robert, medico d‟Amburgo, per primo suggerì che i sogni fossero un bisogno con la funzione di cancellare le impressioni sensoriali interamente elaborate e le idee non pienamente sviluppate nel corso della giornata. Ad opera del sognare il materiale incompleto sarebbe rimosso o approfondito e compreso nella memoria (W. Der Traum als Naturnothwendigkeit erklärt. Zweite Auflage, Hamburg: Seippel, 1886). Tale idea è stata riproposta nel 1983 da Crick, F. e Mitchison, G. nella teoria del „reverse learning‟, in cui si afferma che i sogni sono come le operazioni di pulizia dei computer quando sono off-line con rimozione di nodi e di altri parassiti (Nature, 1983, 304:111-114). Pur tuttavia, la tesi opposta di Hennevin E. e Leconte P. per cui il sogno ha un valore d‟informazione e una funzione di consolidamento della memoria, è molto comune (Anne Psychol. 1971, 71: 489-519). I sogni sono il risultato dell‟attività spontanea dei neuroni, mentre il cervello durante il sonno è in una fase di consolidamento della memoria. Durante il sonno gli occhi sono chiusi in modo che il cervello, in qualche misura, si possa isolare dal mondo esterno. Inoltre, tutti i segnali provenienti dai sensi, tranne l'olfatto, devono passare attraverso il talamo prima di raggiungere la corteccia cerebrale e durante il sonno l'attività talamica è soppressa. Ciò significa che il cervello lavora, soprattutto, con i segnali interni provenienti da se stesso.